Al di là del buio ci sono i Medulla, Michele Andrea Scalzo (voce e chitarra), Carlotta Divitini (tastiere), Federico Calvara (basso), Giuseppe Brambilla (batteria).
Ascoltano soul e R’n’B, rock ed elettronica, vestono gothic dandy e fanno uscire dal cilindro un electro-rock cantautoriale che fa un po’ Baustelle, un po’ ultimi Depeche Mode. Medulla è latino e significa “midollo”, “ciò che sta nel mezzo”. E i Medulla cercano proprio di stare nel mezzo, tra il rock e l’elettronica, con il loro terzo disco, Al di là del buio, in uscita lunedì 28 novembre.
E se i dischi precedenti – Introspettri e Camera Oscura – sembravano muoversi tra le pagine dei racconti dell’orrore di Edgar Allan Poe, Al di là del buio pare fare zapping tra i film di Tim Barton: è cupo, scuro, ombroso, ma si lascia a tratti illuminare. E si sa che è proprio nell’ombra che la luce dà il meglio di sé, definendo le facce, le storie.
Ridi amore mio, non sarà semplice ma vedrai che al di là del buio non ci rimane che vivere: è Al di là del buio, la prima traccia. È romantica, malinconica, intensa e luminosa a modo suo e anticipa un po’ l’ossimoro della speranza e della rassegnazione insieme, che sembra essere uno dei fili rossi che legano tutti i pezzi dell’album.
Prima ti buttano giù, i Medulla, poi ti tirano su coraggiosamente: la deriva di questo popolo è imbarazzante, ma tu guarda in alto Anna, scrive Michele nella seconda traccia, Tu guarda in alto Anna. L’Epilogo, settima e ultima traccia del disco, aprendosi con un pianoforte tragicomico e continuando su synth decisi e ritmati, riassume con musica e parole il carattere di una band già matura, che è riuscita ad andare Oltre l’orizzonte degli eventi, al di là del buio.
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