Si chiama Soft e uscirà lunedì 21 novembre, il primo long playing della band toscana The Love Thieves. Alla voce e ai synth di Chiara Lucarelli e alla chitarra di Francesco Sorgente, si sono aggiunti il basso e la batteria di Simone Sonatori e Glauco Ricoveri, definendo la formazione al completo per i live.
Soft è chorus e riverbero, chitarra e basso rubati allo shoegaze che entrano prepotenti già dalla prima pennata sulle corde, creando un tappeto che in fondo è poco “soft”. Un muro di chitarre su cui i synth anni ’80 scarabocchiano come un bimbo sulla parete della cucina fresca di pittura: un po’ timorosi, dovrebbero prendersi più spazio.
In questo disco non ci sono l’urgenza e l’irrequietezza del primo EP, sicuramente meno equilibrato ma più seducente. Secret love è la prima traccia, decisa, sicura, apre un disco che parla d’amore a voce piena, chiara, cristallina. Ed è proprio la voce la striscia luminosa che accende il buio di ogni traccia: you will remain alone again, ripetuto quasi come un mantra, nel brano The Island, potrebbe essere il manifesto di un album cupo e oscuro sui suoni, brillante e delicato sulla carta. I testi bianchi, di gesso, spesso quasi stridono sulla nera lavagna della musica. Meatball, con le lyrics always together you and I, è forse la traccia più “soft” dell’album, dichiara l’amore con chitarra acustica nel ritornello e synth fitti. La scelta di non utilizzare effetti sulla voce, che rimane sempre chiara e luminosa, diventa una cifra stilistica che li allontana dalla nebulosa di artisti che sicuramente li hanno influenzati (The Soft Moon, soviet soviet, Ladytron) e che invece adorano mettere al massimo la manopolina del delay, ma li imbriglia e li frena. The Love Thieves, la band che prende il nome di una canzone dei Depeche Mode, debutta in modo “soft”: ci sono le carte giuste sul tavolo, ma serve rimescolarle ancora un po’.
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