Junior Sprea, nome d’arte di Michele Spreafico, fa reggae dal lontano 2001 ma inizia a scrivere testi nel 2006 avvicinandosi alla crew BASS’NSTILLA. Solo un anno dopo pubblica il suo primo singolo “Precario”seguito nel 2011 dal primo album “Voce” prodotto da Bonnot. La collaborazione con il producer e dj degli Assalti Frontali non si ferma e la troviamo nell’ultimo album di Junior Sprea “Controtendenza”. Il disco contiene tra le undici tracce che lo compongono importanti collaborazioni con Dead Prez, General Levy, Paolo Fresu, Asian Dub Foundation, Dj Gruff, Tino Tracanna, Ars Ludi, Nowdays.
Ciao! Quando hai iniziato a fare musica? Parlaci un po’ di te.
Ho iniziato nel 2006, dapprima come tutti scrivendo i primi testi in cameretta, e circa un anno dopo uscendo e cercando di far ascoltare la mia musica alla gente in situazioni dal vivo, grandi o piccole che fossero. Sono sempre stato legato alla musica reggae/dancehall, e in quegli anni a Milano c’era un gran fermento nella scena. I sound selezionavano ancora quasi tutti coi vinili, e capitava spesso il momento della serata in cui il dj girava il disco e metteva il lato B del pezzo che stava andando, su cui era incisa la strumentale, ed eravamo in tanti a cantarci sopra, in stile open mic. Era una cosa molto bella, perché dava l’opportunità a chiunque di esprimersi e ha dato la possibilità a me di iniziare.
“Controtendenza” mi è piaciuto molto per il sound, per i temi trattati e per come lo hai fatto, poi anche per le collaborazioni. Raccontaci come è nato.
“Controtendenza” nasce quattro anni dopo “Voce”, il mio primo album solista. Quattro anni sono tanti, c’è stato sicuramente un percorso di maturazione personale e artistica non indifferente. Ciononostante è un lavoro spontaneo, in cui ho voluto mettere di getto un po’ tutto quello che mi passava per la testa, trattare le tematiche a me più affini senza dover pensare a fare il ritornello più azzeccato. Ho sempre pensato che la musica debba essere un veicolo per lanciare dei messaggi, che possono essere inerenti all’attualità, a ciò che ci circonda o anche alla semplice quotidianità. Anche per quanto riguarda il sound ho voluto fare delle scelte più ampie rispetto a prima: io vengo dal mondo del reggae, ma in quest’album ho deciso di mettere le contaminazioni più disparate, dall’elettronica al punk passando per l’hip hop. Le collaborazioni sono nate da amicizie coltivate negli anni: coi Punkreas ci siamo conosciuti diversi anni fa, condividevamo il palco a un concerto organizzato a sotegno di alcuni attivisti arrestati per la faccenda della Tav, quindi anni dopo nel nostro brano non potevamo che trattare questa tematica. Senza contare che io sono un loro fan da sempre. Per i Vallanzaska vale lo stesso discorso, abbiamo condiviso il palco diverse volte e c’è una forte stima reciproca. Io sono cresciuto anche con le loro canzoni. Poi c’è Gioman, cantante catanzarese molto noto a chi conosce il panorama reggae italiano e con cui è stato davvero un piacere collaborare.
A produrre il disco e ad occuparsi delle basi è stato Bonnot, come è nata la collaborazione?
Bonnot è un fratello praticamente da quando ho iniziato a cantare. Ci siamo conosciuti per caso, non sui palchi. Lui era già da qualche anno dj e producer di Assalti Frontali, ha ascoltato qualcuno dei primi brani che avevo da poco registrato e gli sono piaciuti molto. Da lì mi ha invitato a passare in studio da lui, a provare a buttare giù qualcosa, e qualche tempo dopo è nato “Voce”, il mio primo album solista. Ci siamo trovati bene e abbiamo continuato a collaborare anche per quest’album. Lui è un producer veramente straordinario, meticoloso al 100% per quanto riguarda la cura dei suoni. Non è un caso che nel tempo abbia aperto le porte a diversi progetti e che stia avendo tanto successo. E poi è sempre bello poter collaborare con le persone con cui sei cresciuto.
Fai parte della scena underground, che aria si respira nei sotterranei musicali?
É un’ aria pulita, sana e genuina. Gli scazzi e le piccole faide ci sono, come in qualsiasi ambiente. Ma qui se ti sbatti e vali, le soddisfazioni arrivano. Sta sempre ai singoli sapersene accontentare e fare in modo che queste soddisfazioni diventino un trampolino di lancio per cercarne altre e vedere le cose in modo positivo. Purtroppo è un momento in Italia in cui la scena underground sta vivendo delle difficoltà, è inutile negarlo: c’è carenza di pubblico e gli artisti che riescono a girare sono quelli che sono riusciti a costruirsi un bacino d’utenza forte negli anni passati. E’ proprio per questo che non bisogna perdere di vista gli obiettivi e andare avanti.
Dove potremmo vederti live in giro per l’Italia?
Sto lavorando in questo periodo al tour autunno/inverno. Ho sempre girato con un dj ma da qualche anno sono attivo anche con una backing band di 6 elementi, i Seniors. Lo show con la band è molto stimolante per me, e sicuramente energico e coinvolgente. State sintonizzati!
Federica Monello
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