Capita poche volte di assistere ai concerti in realtà aumentata. No, non stiamo parlando di andare a caccia di Pokemon durante i concerti dei vostri beniamini, ma di live pensati, creati e realizzati anche grazie alle tecnologie della realtà aumentata.

Il Geometra Mangoni è uno degli artisti che ha deciso di esplorare questa possibilità; l’abbiamo intervistato per conoscerlo meglio e per capire un po’ cosa si celasse dietro la definizione di Live (+) che dà dei suoi concerti.
 
Chi è il Geometra Mangoni? E, soprattutto, sei un geometra davvero o un geometra musicale?
Il Geometra Mangoni è una persona che fin dai primi anni di vita ha sempre rivolto molta attenzione alla passione musicale. Ma che, allo stesso tempo, negli anni ha seguito un percorso che lo ha portato anche ad essere un geometra. Quindi… sì, nella vita faccio anche il geometra.
 
Ti aspettavi di vincere il contest 1MNext che ti ha portato a suonare sul palco di Piazza San Giovanni?
Ci speravo ma ovviamente non me lo aspettavo. In particolare non mi aspettavo di superare la seconda fase, quella dove da cento artisti restavamo in dodici.
Onestamente sono molto contento del fatto che chi giudicava abbia riconosciuto come valida la proposta artistica; e va detto che l’organizzazione ha saputo impostare tutto il contest cercando di premiare la qualità.
 
Qual è l’insegnamento maggiore che porti a casa dalla partecipazione al contest?
La formula del contest ha i suoi rischi e i suoi limiti e prendere parte a un tale tipo di manifestazione significa anche prenderne coscienza e accettarli con serenità. Forse quello che mi ricorderò di più è il senso di “possibilità”.
Ci sono stati due momenti nella mia vita in cui ho capito che le cose potevano accadere. La prima volta nel 1995 quando, a Spignana, paesino della montagna pistoiese, mi iscrissi ad un torneo di tennis tavolo. Non ero assolutamente il più forte, non ero assolutamente il favorito. Eppure, nonostante tutti i pronostici contrari, portai a casa il primo premio. Lì capii che non sempre i pronostici hanno ragione e che dietro l’impegno e la convinzione si nasconde un grande segreto. Ma spesso mi sono dimenticato del torneo di Spignana e spesso ho perso la fiducia.
Di nuovo qualcosa del genere è accaduta nel Primo Maggio del 2016. In questa situazione ho capito che, anche quando non tutto va come si vorrebbe, capita che le cose accadano! Anche se mi auguro comunque di essere migliore come musicista che come giocatore di ping pong…
 
C’è stato un artista che hai conosciuto durante le fasi eliminatorie del festival e che hai apprezzato particolarmente?
Il livello era molto alto. Ho apprezzato molto La Banda del Pozzo: grande energia ed una passione sincera per quello che fanno. Auguro loro tanta fortuna!
 
Quali sono i 3 brani da cui partire per conoscerti meglio?
È tutto qui
La domenica
Un altro inverno
 
Tre brani con caratteristiche diverse ma che in qualche maniera, per quello che dicono e per come sono concepiti musicalmente, descrivono tanto di quello che vuol raccontare l’album “L’Anticiclone delle Azzorre”.
 
Come mai hai deciso di esplorare le possibilità della realtà aumentata ed applicarle ai tuoi concerti?
Ho sempre avuto curiosità verso la musica contemporanea, ho assistito a vari concerti in cui il mondo della contemporanea “colta” e dell’elettronica si incontravano. Quindi in un certo senso ho sempre avuto dentro di me l’idea di provare a prendere qualcosa da quel mondo sonoro.
Ho potuto farlo in modo concreto dopo l’incontro con Tommaso Rosati, che non solo è un musicista ma progetta concretamente gli strumenti elettronici: grazie a lui ho potuto “indossare” degli strumenti e portare avanti questo concetto della realtà aumentata sul piano sonoro.
 
Ci descrivi un po’ meglio i tuoi concerti Live (+) “aumentato”?
Sul palco siamo in tre: oltre a me, ci sono Tommaso Rosati (che suona le tastiere e “gestisce” in diretta tutta la parte elettronica) e Fabio Mazzei (che suona la batteria vera). In pratica sia io che Fabio e Tommaso abbiamo dei sensori in grado di modulare e gestire il suono tramite gesti del corpo. Per esempio, io indosso un bracciale che reagisce ai movimenti della mano e che modifica il suono della mia voce a seconda di come muovo il braccio.
In più suono con una chitarra particolare, sviluppata dalla Noah Guitars in collaborazione con Tommaso: questa chitarra ha dei sensori posizionati in vari punti del suo corpo; in base a come mi muovo e di come interagisco con la chitarra, posso modularne il suono.
 
Con quali artisti ti piacerebbe collaborare in futuro?
Non è facile da dire, perché ce ne sono anche di molto diversi fra loro che apprezzo e con cui mi piacerebbe collaborare. Di sicuro vorrei lavorare con artisti che al centro delle proprie canzoni mettono il “messaggio”, cercando di dare peso alle parole che dicono. Siamo in un’epoca in cui si tende troppo a valorizzare solo la forma e questa cosa è devastante.
Mi piacerebbe fare qualcosa con Riccardo Sinigallia, un artista secondo me ancora troppo poco conosciuto a livello generale per quello che merita e per quello che ha fatto, sia come musicista che come produttore. Lui ha alle spalle un percorso lungo, e anche molto variegato, e questo si percepisce nelle cose che fa a suo nome o come produttore artistico.
Poi, anche se è impossibile, in questo periodo mi sono reso conto che mi sarebbe piaciuto fare delle cose con Lucio Dalla, quello che raccontava di aver “scritto una canzone per ogni pentimento”. C’è stato un momento tra la fine degli anni Settanta e i primissimi anni Ottanta in cui è riuscito a fondere perfettamente testi ispirati e visionari, musica fruibile a molti ma non banale, grande capacità comunicativa, creando un preciso stile tuttora riconoscibile. Sono piccoli miracoli che riescono poche volte.
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