Pensate a Duke Ellington. Ovvero a una big band di jazz. Pensate ai passaggi melodici più malinconici di John Coltrane. Aggiungeteci un sano amore per l’acid jazz, gli hammond, tutto ciò che è vintage. E infine frullate il tutto in una miscela irresistibile di ritmi in levare che guardano dritto in faccia alla lezione dello ska più danzereccio e indiavolato. Quello dei Madness. Questo e un pizzico di funk e altro ancora sono Empatèe Du Weiss. Perfetti per la colonna sonora dell’estate 2016.
Old Tricks For Young Dogs è il titolo del vostro ultimo lavoro e non può non farci pensare ad un preciso detto inglese , ossia “You can’t teach an old dog new tricks” ( “Non puoi insegnare nuovi trucchi ad un vecchio cane”): a cosa vi riferite esattamente?
Il titolo di questo album ribalta volutamente il proverbio inglese da voi individuato. Come spiegato nelle prime pagine del booklet del nostro album, tutta la musica contenuta in “Old Tricks for Young Dogs” nasce da una riflessione su quanto il passato e i suoi maggiori esponenti continuino a influenzarci tutt’oggi. Il proverbio vuole puntare il dito contro la fossilizzazione proporzionale all’invecchiamento. Noi Empatee du Weiss abbiamo voluto metterci in gioco per dialogare, sì col passato, ma, allo stesso tempo, proiettarci in un futuro nuovo, da scoprire sia attraverso le pagine scritte dai più grandi maestri sia tramite la fantasia e l’impegno nel creare un nuovo linguaggio. Un altro significato conseguente a questo è la necessità di nuove proposte e menti giovani per scardinare la solita forma e il polverosissimo andamento della musica sia dal vivo che non.
Le scelte stilistiche che caratterizzano la vostra produzione sono molteplici: vi va di guidarci nel vostro variegato mondo musicale?
Tutti i brani sono legati tra di loro da una spinta al movimento, al ballo, la matrice è (quasi) sempre la musica in levare quindi lo ska in ogni sua declinazione, il reggae e la musica balcanica sono le radici più evidenti dei nostri brani. La sfida che ci siamo posti da quando ci siamo battezzati Empatee du Weiss però è stata l’unire queste matrici con sonorità provenienti da altri mondi, quindi abbiamo usato ad esempio il funk, l’hip-hop, l’afrobeat. Ad unire questo calderone di generi c’è il più ampio comune denominatore possibile cioè il jazz di cui sfruttiamo strutture, forme, armonie, arrangiamenti e, soprattutto, l’improvvisazione che ha un grosso ruolo nei nostri brani. Ogni esecuzione dello stesso brano è diversa dalla precedente seppur di poco e gli assoli sono in larga parte improvvisati o al più estemporizzati. Per riuscire ad amalgamare il tutto abbiamo lavorato molto soprattutto dopo la decisione di inserire la voce (parlata, cantata e rappata). Questo ultimo risultato ci ha soddisfatto molto e ci dà buone basi per comporre ancora più consapevolmente.
Come nascono i vostri brani? Avete una precisa metodologia oppure è l’ispirazione del momento a guidarvi?
Ogni compositore degno di questo nome ti dirà che l’ispirazione è una minima parte del risultato finale, è impossibile creare qualcosa di decente facendosi guidare dalla pura e semplice ispirazione. Sicuramente senza di lei come scintilla iniziale, la stesura del pezzo sarà più arida e meno originale ma c’è bisogno di molta attenzione e tanto lavoro da amanuensi per smussare gli angoli oltre che di un’ottima intuizione iniziale. L’idea del musicista farfallone che si sveglia e, immerso in un paesaggio idilliaco, scrive musiche fatate su pergamene svolazzanti cullato dalla musa ispiratrice del caso è solo una bella favola. Non abbiamo un metodo unico ma ogni brano arriva in sala almeno in forma di abbozzo, chiunque di noi voglia cimentarsi con la composizione scrive a grandi linee temi, sequenze di accordi e intenzione del brano. Non c’è quasi mai un unico compositore, solitamente alla prima fase ne segue una seconda di jam session sul brano in cui si prova a “far girare” le varie parti e, solo in seguito, scriviamo su carta gli arrangiamenti per i fiati e fissiamo le parti della sezione ritmica. Raramente è capitato che avessimo un’epifania istantanea e scrivessimo un pezzo tutto d’un fiato in un’unica sessione di prova. Per il resto solitamente ci vogliono 3 o 4 settimane per stendere e levigare del tutto un singolo pezzo.
Per quanto riguarda i contenuti delle tracce che compongono Old Tricks For Young Dogs, quali storie avete scelto di raccontare?
In “Marcos” raccontiamo del subcomandante Marcos dell’EZLN, in “Shut Up!” la storia di Kintpuash, un capo tribù Modoc; ogni canzone, a suo modo, vuole dire la sua sul macroargomento esposto col titolo dell’album, quindi abbiamo “Eating Peanuts in the King’s face” che è un elogio della satira e dell’irriverenza nei confronti dei potenti, “Moleman” che attraverso due personaggi ideali si interroga su quale via sia giusto intraprendere per lavorare al mondo d’oggi senza essere schiavizzati ma, allo stesso tempo, senza essere pesi per la società, e “Grooviere” che è un invito a sfruttare la musica e il ballo per “emanciparsi da gabbie a cui non apparteniamo”. Ogni brano, a suo modo, vuole trasmettere un messaggio positivo e di partecipazione alla società e alla vita in maniera critica e costruttiva.
Quando nascono gli Empatee Du Weiss?
Siamo nati nell’ottobre 2010 come gruppo strumentale e siamo rimasti in sala prove per un anno a comporre e a legare tra di noi prima del nostro primo live; abbiamo cercato a lungo un sound identitario e, dopo un album di prova, vari assestamenti e moltissimi interrogativi, siamo arrivati a “Old Tricks for Young Dogs” che reputiamo a tutti gli effetti il nostro primo vero album.
Porterete in giro per l’Italia i vostri brani?
Ci puoi contare! Abbiamo già cominciato a portare in giro la nostra musica dal 30 aprile con l’anteprima al Laboratorio Aq16 di Reggio Emilia, da lì a oggi siamo passati per l’Emilia, per il Trentino fino ad arrivare anche a Londra con lo splendido concerto all’Hootananny di Brixton. Durante l’estate pensiamo di girare molto tra Italia e estero, abbiamo già un mini tour di tre date programmato per fine luglio in Spagna ma, dalla presentazione dell’album all’anno prossimo, speriamo vivamente di non fermarci mai!
a cura di Laura De Angelis
http://credit-n.ru/zaymyi-next.html