Generation One, uscito lo scorso maggio, è il disco d’esordio di Ainé, giovane talento formatosi artisticamente tra l’Italia e gli Stati Uniti frequentando la Venice Voice Accademy di Los Angeles e le migliori accademie di musica romane. Il parallelismo continuo tra identità italiana e suoni d’oltreoceano ha fatto sì che Generation One sia un autentico alternarsi tra idee legate alla scena nu soul / hip hop / RNB americana ed una sensibilità prettamente italiana.
Generation One è il tuo disco d’esordio: qual è il filo conduttore che lega le tracce, sia in italiano che in inglese, che lo compongono?
“Generetion One” rappresenta, è vero, il mio disco d’esordio, ma, soprattutto, un viaggio ed un percorso musicale che ho sviluppato negli anni attraverso esperienze e conoscenze con fantastici artisti, attraverso luoghi che mi hanno insegnato tanto e mi hanno dato gli stimoli giusti per realizzare questo album. Il filo conduttore direi è proprio il linguaggio musicale: in ogni brano c’è qualcosa di diverso, sono presenti diversi stili, diversi ritmi, diverse idee, tutte però riconducibili ad un viaggio e ad un episodio che in qualche modo ho voluto raccontare. Ho voluto curare tutti i dettagli: credo sia molto importante che quando si mettono insieme le idee ed il lavoro di più di due anni sia opportuno non lasciare nulla al caso.
Il disco vede la partecipazione di numerosi giovani artisti di calibro internazionale affiancati a nomi riconosciuti del panorama musicale italiano: chi sono e in che modo ognuno di loro ha contribuito ad arricchire il tuo lavoro?
Come dicevo prima, l’album è un “viaggio musicale“ che ha coinvolto alcuni tra i più talentuosi giovani musicisti del panorama internazionale e nazionale. Ogni collaborazione è nata da un rapporto di profonda stima reciproca: quando si ha un buon feeling anche la parte artistica è più spontanea. Assieme al mio produttore artistico (Pasquale Strizzi), al mio manager (Francesco Tenti), alla mia etichetta (Totally Imported) ed ai miei musicisti (Seby Burgio, Dario Panza, Emanuele Triglia, Alessandro Donadei), hanno partecipato alla realizzazione di “Generation One” professionisti territorialmente lontani, ma artisticamente a me molto vicini. Alissia Benveniste, Randy Reunion, Kyle Miles sono state le featuring musicali che hanno contribuito ad aver quel suono che volevo nell’album. Altrettanto importante è stata la collaborazione con Sergio Cammariere, che ritengo uno dei migliori artisti italiani. La collaborazione con Sergio è stata molto spontanea, è stato un piacere artistico e personale lavorare con un artista con la sua sensibilità e raffinatezza musicale. Con Ghemon e con Shorty ci siamo trovati subito, sono amici e, ripeto, quando c’è stima reciproca tutto funziona. Gemello ha lasciato una firma in “Nascosto nel buio”, un brano che per me significa molto.
Artisticamente la tua formazione è avvenuta tra Italia e Stati Uniti: raccontaci come è andata!
Fin da molto piccolo in casa la mia famiglia ascoltava dischi jazz, soul , funk , rock, sono cresciuto ascoltando Michael Jackson, James Brown, Stevie Wonder, Miles Davis, Charlie Parker, per poi avvicinarmi a tutta la grande onda dell’hip hop 90’s (dai The Roots ad Erykah Badu). È come se inconsciamente, quando studiavo musica, in Italia avessi uno stimolo per andare oltre oceano a curiosare ed ascoltare dal vivo quei suoni. Dopo la formazione nelle accademie romane, ho avuto la fortuna di studiare alla Venice Voice Accademy di Los Angeles: lì sicuramente è cambiato qualcosa, ho studiato a fondo come si lavora negli Stati Uniti, ascoltando e frequentando più ambienti possibili per crescere artisticamente. Nel 2015 ho avuto l’onore di vincere come unico cantante uomo la borsa di studio al Berklee College of music di Boston; non si smette mai di crescere artisticamente e queste occasione capitano una volta sola…
La musica non andrebbe etichettata perché quasi sempre è frutto di elementi eterogenei che si amalgamano tra loro: quali sono nel tuo caso?
Credo che quando si parla di musica, a prescindere dal genere o dalla provenienza, prima di considerare gli elementi che la compongono si debba considerare la qualità. Tutto parte da quello, dallo studio, dalla cura, dal lavoro e soprattutto dalla qualità. Nel mio caso la mia musica è frutto di tanto ascolto, di tanto confronto con altri artisti, di viaggi e di curiosità. Capita spesso, quando scrivo, che la musica sia l’espressione di ciò che voglio dire o di ciò che penso in quel momento. Gli elementi che si amalgamano direi che sono groove, ricerca, studio e cura nei dettagli.
Come mai hai deciso di chiamarti Ainé?
AINÉ è un nome che ha una storia simpatica ma piuttosto casuale. Ero a Parigi in autobus e stavo pensando in quel momento ad un nome che non avesse una connotazione di genere e che, soprattutto, avesse un bel suono. In quel momento davanti a me c’era seduta una signora: nell’alzarsi per scendere notai che le era caduto un bigliettino, una specie di appunto con scritto sopra Ainé (essendo una parola francese) l’ho preso come un segno e mi piaceva. L’ho usato, mi piace credere nelle coincidenze fortunate!
Dove potremo sentire live Generation One?
“Generation One” è disponibile in tutti gli store digitali e in copia fisica nei negtozi di dischi. Oppure è sempre disponibile nei miei concerti, quindi ci vediamo lì! Thanks!
a cura di Laura De Angelis
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