I Porto Flamingo hanno pubblicato per Beta Produzioni il loro ultimo lavoro 1400 gr: li ho intervistati per conoscere meglio il legame tra le canzoni di questo lavoro e per scoprire dove possiamo trovare l’album.
La risposta è nel titolo del loro lavoro, ovvero il peso del cervello umano, che è spesso patria involontaria delle nostre voglie, delle nostre ansie, dei nostri dubbi e delle nostre certezze. 1400 grammi che ci condizionano la vita fin dalla nascita, che plasmano negli anni personalità e destini, credenze e affetti, speranze ed emozioni.
-Porto Flamingo…..Un bellissimo nome che evoca luoghi esotici ed uccelli variopinti. Da dove nasce?
Mmm… in realtà nasce da una specie di tugurio che era la nostra prima sala prove!!!
E da una cena etilica! Ma effettivamente il sentimento che lo ha ispirato era un misto fra il sogno della fuga e le braccia dell’accoglienza. Porto lo abbiamo scelto per questo. Un porto è un ottimo posto per conoscere e confrontarsi, approdo e viatico d’avventure. L’esotico Flamingo invece è il nome di una officina meccanica che era accanto alla nostra sala prove. Fantasia e realtà si mescolano, come nelle canzoni del Porto anche nelle parole che scegliemmo nel nome…un’era fa oramai.
-Il titolo del vostro recente album è 1400 gr ovvero il peso del cervello in forma. Come mai questa scelta e se esiste un peso forma, vuol dire che ci sono diete per tenerlo in forma? Se si quali?
Si, il peso medio del cervello umano. Non necessariamente in forma a dire il vero….è una media. E ricette per usarlo al meglio in realtà non ne conosciamo. Diciamo che abbiamo scritto un piccolo viaggio in musica, o meglio una serie di ritratti, una serie di personaggi, tutti in qualche modo immersi nella propria mente, immersi nel loro pensare incessante, inevitabile. La cosa che accomuna le tracce dell’album è l’intimità dalla quale scaturiscono le immagini e i personaggi che ho provato a colorare con i testi, e che assieme abbiamo vestito con la musica. Ricette o diete risolutive però non ne abbiamo al momento trovate… credo che l’importante sia la consapevolezza, la consapevolezza di poter guidare in qualche modo, anche relativamente, il proprio agire, almeno in parte, in buona parte.
La consapevolezza, la ricerca di un senso, il trovare una propria direzione è molto difficile in questi anni, pieni di nozioni, informazioni, eventi, discussioni, crisi e contrasti e incongruenze, fra le persone, le storie, gli eventi. Il nostro mondo occidentale si è evoluto enormemente, ha accorciato gli spazi ed il tempo evolutivo, ha diminuito l’aria che una mente umana necessita per conoscere se stessa. Per questo abbiamo scelto 1400 grammi come titolo, è questa difficoltà che impregna tutte le canzoni.
-Il vostro suono è un’ottima miscela tra tradizione e suoni moderni e in 1400 gr ci sono suoni che richiamano la New Wave anni 80. Da dove arriva la tradizione, da quali tipo di ascolti?
Da un sacco di tempo buttato ad ascoltare di tutto!
Il Porto esiste da 15 anni, siamo partiti in sei e abbiamo suonato quasi 400 concerti. Siamo e siamo stati musicalmente molto eterogenei nei gusti e negli ascolti. Io parto come scrittore di canzoni da De Gregori, Battiato, e come ascolti dagli Smiths, da Ziggy Stardust. Abbiamo assieme la passione per CSI, Silvestri, Caparezza ed un bel po’ di altra musica vecchia e nuova.
.Siamo nati come gruppo folk rock, con ovvia influenza della Bandabardò, di Manu Chao e di tanta musica popolare che il nostro percussionista ci ha fatto conoscere nei primi anni. 
Adesso il folk è praticamente scomparso: Oscar, che suona le tastiere, ha preso in mano gli arrangiamenti dei pezzi. Ha un suo studio di produzione e cura i suoni con pazienza e dedizione, il cambiamento della nostra musica attuale passa in buona parte da lui.
Non ci siamo in realtà mai posti il problema di capire da dove arrivino con esattezza le nostre idee, le nostre canzoni. Cerchiamo di rappresentarle con tutta la passione che ci è possibile, con l’affetto di chi sente il bisogno di assecondare e coltivare la voglia di trasmettere emozioni e di raccontare storie. Le storie hanno sempre una certa importanza nei nostri album. Insomma, assecondiamo i nostri desideri, cerchiamo di rendere partecipi gli ascoltatori, di presentare qualcosa di fruibile ed emozionante, ponendo attenzione al ritmo, alle melodie, Con un occhio di riguardo sempre rivolto al cervello, malato o sano che sia, ancor più in questo 1400 grammi.
-La Toscana, regione da cui provenite, ha sempre avuto e ha tuttora una scena musicale molto attiva, a cosa è dovuto secondo voi?
Alla bellezza, alla possibilità che il vivere in questa regione comunque bellissima dà di vedere al di là del quotidiano. Non è ovviamente una terra perfetta, no, ma la bellezza è prepotente in molte forme intorno a noi. Il contrasto con tutto quel che invece non funziona nel mondo e nell’uomo spesso porta a cercare soluzioni, a proporre vie di svolta.
Ovviamente posso parlare così, possiamo palare così perché siamo in qualche modo privilegiati nell’esser nati per caso in Toscana. Che dire, quando eravamo ragazzi c’erano i Litfiba, i Diaframma, poi una serie di cantanti e cantautori. Il primo disco lo abbiamo registrato al Larione 10, che per anni è stato un luogo quasi sacro della musica fiorentina. I missaggi dell’ultimo disco sono stati fatti da Andrea Benassai, al Sonoria studio, un luogo ideale per poter cercare qualità e sintesi. Proprio a Prato, la nostra bisbetica città natale, un paesone espanso, oramai città. E poi negli anni si sono avvicendati un sacco di locali per la musica dal vivo. Non so se adesso si possa dire che la scena, come dicono quelli bravi, sia viva e vitale. Certo le possibilità ci sono. Da dire c’è che certamente la musica dal vivo adesso non è che sia la moda, ma esiste…e a cercarla se ne trova ancora di buona.
Da 15 anni suonate e calcate palchi, cosa è cambiato in voi rispetto agli inizi e com’è cambiata la scena musicale italiana?
Siamo invecchiati, presto vorremmo ringiovanire e tornare bambini, anche se un po’ lo siam rimasti, per fortuna.
Rispetto agli inizi è cambiato tutto, tranne la voglia di comunicare ed il fatto che i testi li scrivo io. Da band che suonava in garage (ed intendo un vero garage, con a fianco biciclette e motorini), siamo passati ad avere un nostro studio, a sapere cosa comporta pensare, imbastire, arrangiare, provare un disco, uno spettacolo. Si, come inizio questi 15 anni non sono stati niente male. 
Siamo cresciuti, ovviamente, è inevitabile. Per quanto riguarda la scena musicale, è cambiato in gran parte che, come accennavo prima, nel ‘90 andare a vedere un gruppo dal vivo era una cosa che valeva già da sé la serata: nottate passate al Cencio’s Club a vedere gruppi sconosciuti, locale pieno, tanta birra, ma anche voglia di esserci. Era una cosa di tendenza. Adesso nei club ci suonano anche nomi che andavano nei palasport. I dischi non si vendono più se non ai concerti, e il guadagno di chi fa musica sono soprattutto, se non solo, i live.
C’è un sacco di roba prodotta, anche in casa con il pc, c’è internet, ci sono Spotify e Youtube… è cambiato il mondo. Non so se è un bene. Ma è cambiato in un modo che sembra quasi impossibile che prima ne esistesse uno senza Google. Un intreccio incredibile di nozioni, possibilità, nel quale è facile disperdersi, smarrire la strada e trovarne una completamente diversa da quella che si pensava. Un appuntamento viene fissato e poi spostato e poi fissato di nuovo.
Un caos digitale ed anche emozionale, le notizie che arrivano da ogni parte del mondo, il mondo sempre più piccolo. Una miriade di connessioni possibili. Proprio come quelle di un cervello… Di questo si parla e si suona in 1400 grammi. Dell’adesso e del caos. Buon ascolto.
http://credit-n.ru/zaymyi-next.html