Rap-core ed elettronica sono stati i protagonisti della terza serata del Flowers, quella più cattiva! Ad aprire è stato Mezzosangue col suo passamontagna e l’energica band composta dal portento Luca Martelli alla batteria e dal dj Ernest Powell. Calato il sole è stato il turno di Salmo, che insolitamente non indossava la sua maschera, ma il cappuccio della felpa in tipico street style. Il pubblico era per lo più composto da gente giovane che a stento arrivava ai trenta, ma non mancavano le eccezioni. Sarà per l’entusiasmo della giovane età o sarà per la musica, fatto sta che il cortile delle Lavanderie a Vapore ha emanato una forte energia fatta di cantato, urla e movimenti spinti. Ad accompagnarlo sul palco c’era una band di tutto rispetto, tra cui il bassista dei Linea 77, che ha fatto vibrare le casse con suoni fortemente rock scatenando il pogo. Altro torinese sul palco è stato Victor Kwality, che è salito da ospite e ha intonato “Il Messia”, pezzo dalle sonorità reggae con il quale i due hanno collaborato nell’ultimo disco di Salmo.
Il rapper ha dominato il palco, saltava da un angolo all’altro, è salito su un cubo dal quale ha recitato le sue rime crude. Protagonista assoluto del live è stato il disco “Hellvisback”, che ha incendiando la platea con alcuni pezzi in particolare tra cui  “1984”, “L’alba” e la title track. Sulle note di quest’ultima Salmo ha fatto fare un giochetto al pubblico facendolo dividere tra destra e sinistra per poi farlo riunire con un pogo contagioso, è stata spettacolare la vista dalla fine del cortile. In alcuni pezzi ha imbracciato la chitarra ma solo per pochi minuti, un virtuosismo un po’ silenzioso e forse no sense. Non è mancata l’uscita dal palco da artista affermato richiamato immediatamente dal pubblico. “La festa è finita” ha avuto il sapore dell’ultimo pezzo e così ce lo ha annunciato lo stesso Salmo. Ma dopo ringraziamenti vari tra cui anche a Mezzosangue è arrivato davvero l’ultimo, “Black Widow”.
La mezz’ora abbondante di pausa è servita a farci riprendere e a prepararci all’ultima esplosione della serata, quella elettronica dei Pendulum. Il gruppo australiano ha messo su un dj set di circa un’ora e mezza durante la quale il pubblico non si è fermato un attimo. Particolarissimi i visual nei quali skyliner metropolitani si alternavano a vari effetti speciali. L’impianto esaltava la cassa graffiante e dritta che si miscelava agli effetti sonori lisergici di El Honert, il tutto accompagnato dagli incitamenti di Ben Verse. L’energia è stata in crescendo dai pezzi più “musicali” come “Witchcraft” a quelli più cattivi come “Blood sugar” che ha scatenato il pogo, fino alla classica “Tarantula” in una versione differente in mush up con “Bonfire” dei Knife Party. Con i muscoli indolenziti, e la potenza del live ancora in corpo è terminata la serata, al momento, con più bpm del Flowers Festival.
Federica Monello
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