Jester At Work,  nome d’arte di Antonio Vitale, musicista italiano originario di Pescara, è davvero una bella scoperta, un nuovo gioiello cantautorale, un lupo solitario che ulula sensibilità e si veste di oscurità, tra redenzione e dolore, al pari dei grandi cantautori folk, primo tra tutti Mark Lanegan. Il suo ultimo lavoro, A Beat Of A Sad Heart , ha una presa immediata, fluida e rassicurante. Vi raccontiamo tutto in questa intervista, motivo per cui non dovete assolutamente perderla!
 
 Dopo il debutto Lo-fi, back to tape (Twelve Records, 2009) e la maturità di Magellano (Twelve Records, 2012), arriva  A Beat Of a Sad Heart: cosa c’è di nuovo rispetto ai tuoi lavori precedenti e cosa, invece, è rimasto intatto?
 
La novità principale è che questo album è più compatto, è circa 10 minuti più breve. Ho lasciato che l’ispirazione avesse il suo corso, senza forzare troppo la mano, andando direttamente al sodo, senza fronzoli e cercando di non alterare il senso del progetto, evitando di aggiungere brani che avrebbero potuto appesantire il tutto. Altra novità riguarda la modalità di registrazione. “Lo-Fi back to tape” è stato realizzato interamente in cassetta, “Magellano” in studio su nastro, mentre “A Beat Of A Sad Heart” è un mix di cassetta e digitale, ben bilanciati e amalgamati dalle sapienti mani di Molecola, che ha provveduto alle registrazioni addizionali in studio e al mix. Il lavoro grafico è anch’esso molto diverso dagli altri, è un fumetto visionario, ricco di colori e personaggi, esattamente l’opposto dei due precedenti. Ciò che è rimasto intatto è il mio personale modo di approccio allo scrivere, comporre e abbozzare e infine di registrare ( le parti in cassetta le registro sempre in solitaria a casa mia).
 
I tuoi nuovi brani, ho letto, sono stati concepiti in condizioni particolari: “Tra ricambi per moto, mobili fine anni ’60, televisori sovradimensionati, impilati come nei mercatini dell’usato, ed i panni sempre da stendere, Antonio ha piazzato il suo registratore a 4 tracce in cassetta, luce più fioca, ha iniziato a suonare. Per una settimana. Concentrato sulla chitarra acustica, era alla ricerca di un arpeggio malinconico, una sorta di “arpeggio-aulin” che alleviasse le sue emicranie, le sue crisi isolazioniste”. Raccontaci meglio come è andata
 
Scrivo e compongo principalmente in condizioni precarie, scomode e in momenti difficili dal punto di vista emozionale. Non uso il computer perché mi fa perdere del tempo prezioso. Quando inizio a registrare tento sempre di ultimare il brano e continuo fin quando ritengo sia necessario. Lo faccio perché tutto è mutevole, “domani è un altro giorno”, è così che si dice, il brano di oggi, domani potrebbe suonarmi in maniera diversa e se sento che oggi va tutto bene non voglio aspettare domani. La location di conseguenza è sempre casalinga, un po’ raffazzonata, mi fa sentire a mio agio, mi dà la possibilità di essere sempre sul pezzo, senza perdite di tempo, poche alternative tecniche, quindi si fa con quello che si ha attorno. Così è nato  “A Beat Of A Sad Heart”, una settimana intensa, buia e stracolma di emozioni che attendevano solo di uscire fuori. Ho piazzato il mio 4 tracce a cassetta Fostex su di un banchetto da scuola fine anni sessanta, ho acceso una sola luce da 10 watt, il più fioca possibile, ricordo che c’era talmente poca luce che facevo fatica a vedere quanto avevo a disposizione di nastro per andare avanti. Una chitarra acustica epi jumbo e un’elettrica gretch, un piccolo ampli vox e il mio beta 57, lucky strike e coca cola light, altre cose non posso scriverle, sono illegali.
 
La tua musica, che attraversa landscape emotivi, tra country blues, folk e un’abilità nel songwriting di altissimo livello, in che modo, secondo te, può essere collocata all’interno del panorama musicale italiano?
 
Non saprei, nel panorama italiano andrebbe collocata nel cantautorato, ma credo che tutti i musicisti italiani che cantano in inglese e fanno blues, folk, country e via dicendo, sperano, un giorno, di collocarsi nel panorama europeo, o meglio, internazionale. Qui in Italia cantare in inglese è purtroppo ancora un’eresia. Un mese fa una persona mi ha chiesto cosa suonassi ed io ho risposto con uno sbirgativo “folk”. La domanda susseguente è stata: “ Di quale regione?”
 
Parlaci del concept dell’artwork di  A Beat of a Sad Heart, una delle parti centrali di questo tuo ultimo lavoro.
 
L’artwork è il valore aggiunto del disco. Realizzato da Andrea Ciccotelli, che ha saputo creare un mondo immaginario attorno al personaggio Jester. L’idea del fumetto mi intrigava e poi volevo discostarmi dai primi due album, dove le colorazioni sono il bianco, nero e rosso. Ho dato ad Andrea l’album, lui lo ha ascoltato e ha iniziato a dipingere e disegnare, tecnica mista e molta fantasia. Post produzione in digitale e poi impaginazione. Volevamo creare un paesaggio tra il malinconico e lo spensierato, con tanti soggetti e particolari che dessero degli indizi sul contenuto musicale. Direi che ci siamo riusciti, e il risultato è un circo all’aria aperta, divertente, sospeso nel tempo.
 
Ricordi quando hai capito che la musica avrebbe fatto parte della tua vita?
 
L’ho capito a 9 anni. Quando ho iniziato a comprare le cassette su Euroclub e a suonare la chitarra di mio padre, una clarissa a 12 corde. Mio padre aveva anche gli stereo 8 di “Wish You Were Here” ed il live in Japan dei Deep Purple. Non nascondo che facevo girare sul piatto disco anche gli LP di Celentano, in particolar modo “Un po’ artista un po’ no” e Fausto Papetti, del quale amavo profondamente le copertine. Ma questo non mi bastava ovviamente e con il tempo ho scartato la musica italiana e sono diventato un esterofilo, moderato però. Un giorno comprai, sempre su Euroclub, il primo disco dei Guns ‘N’ Roses, “Appetite for Distruction”. Era il 1987 e avevo 11 anni  e  “Paradise City” avrei voluto cantarla io. Poi sono arrivati gli anni ’90 e citando un film aggiungo: “..e che te lo dico a fare!”
 
Dove avremo il piacere di sentirti live?
 
L’album è stato già presentato al Lanificio 159 a Roma, al Malacarne a Verona, al Neon di Rimini ed all’ AESTAS Festa del Solstizio d’estate in Abruzzo, Civitella Casanova. Le prossime date sono il festival PlayNot di Notaresco, Majella SoundCamp di S.Valentino, Hotlake di Manoppello scalo, Le Serre Dei Giardini Margherita a Bologna.
 
 
a cura di Laura De Angelis
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