Ho incontrato Enrico Molteni dei Tre Allegri Ragazzi Morti per una bella intervista in cui si parla di “Inumani”, il loro ultimo album, della collaborazione con Jovanotti, di due dei brani che mi hanno colpita particolarmente e del loro rapporto col telefonino.
 
 
Partiamo dal titolo. “Inumani” è un chiaro riferimento ai fumetti e al mondo dei supereroi. Ci presentate le creature che popolano il vostro album?
Diciamo che siamo diventati effettivamente una sorta di carovana del circo, nel senso che anche adesso che stiamo andando in giro da un po’ di concerti, siamo molti di più di quanti eravamo una volta e posso dirvi che noi tre siamo sempre noi tre, quindi non siamo delle grosse novità, ma sicuramente la novità che c’è adesso all’interno del gruppo è Monique (Mizrahi, n.d.r.) che sta suonando con noi per quest’estate, mentre all’inizio, in primavera, durante la presentazione del disco, c’era Adriano Viterbini. Questo per dirti che comunque il nostro gruppo di inumani muta continuamente, non siamo sempre gli stessi, rimangono gli stessi, ma c’è anche un giro di persone nuove.
Avete esplorato un sacco di generi, persino la cumbia! Cosa vi ha spinti verso tutte queste sperimentazioni? Era qualcosa che avevate in mente da tempo, oppure tutto è nato contestualmente alla scrittura del disco?
È nato contestualmente alla scrittura del disco, nel senso che ogni volta che c’è una sorta di nuovo spunto musicale che ci piace, che ci interessa, che ci viene incontro, perché da un certo punto di vista sono anche le cose che succedono che creano i dischi, se abbiamo la possibilità di farlo, abbiamo deciso di provare giocare anche con queste novità. Quindi quando abbiamo cominciato a fare questo disco, a un certo punto è sbucata questa canzone, l’idea di fare questa musica su questo preciso stile musicale, e abbiamo detto facciamolo! Anzi, in realtà c’erano anche più canzoni che erano già pronte con quella formula, ma quella che poi è entrata nel disco è quella lì ed è una.
L’album è una tappa importante nella vostra carriera. La presenza di Viterbini ha rafforzato la vostra vena rock e penso che questo lavoro non abbia nulla da invidiare alle produzioni mainstream. Che traguardo rappresenta per voi e per la vostra etichetta?
Questo disco per noi, che effettivamente ne abbiamo fatti un po’, non è sicuramente una novità. Che dire, c’è questa cosa strana quando fai i dischi, perché ogni volta che fai un disco ti impegni per fare il disco più bello del mondo, no? Man mano che lo lavori e che lo controlli per fare in modo che le canzoni siano belle e che i suoni siano giusti e durante tutto quel lavoro che si fa e che è abbastanza lungo per realizzare i dischi, comunque ti ci affezioni anche, quindi da questo punto di vista ogni disco che fai diventa un ricordo abbastanza preciso ed abbastanza forte di quello che pensavi in quel momento, quindi dei tuoi sogni e dei tuoi desideri. Diciamo che fare i dischi serve anche a questo, per lasciare delle tracce e dei momenti di ricordo precisi, sentimentali, di quella che poi è la nostra vita.
L’album vanta collaborazioni importanti, prima tra tutte quella con Jovanotti. Questa partecipazione di Lorenzo può considerarsi la conferma di una grande amicizia?
Direi di sì. Non ci vediamo tutti i giorni, anche se a me piacerebbe perché comunque Jovanotti è molto simpatico, ha un’energia pazzesca e ha sempre tante idee che gli girano per la testa, quindi ogni volta che ci siamo incontrati è stato sempre molto piacevole. Sicuramente si è creato un rapporto buono, da una prima curiosità basata sulle canzoni che facevamo noi, che è nata in lui per quello che facevamo noi, si è sviluppata in un modo abbastanza sano. Diciamo che sì, è nata una grande amicizia.
Spesso parlate al femminile. Quel “Mi sono rotta un braccio tenendoti la mano” cosa nasconde?
Quella canzone lì è un insieme di frasi un po’ nonsense che sono state scritte da una nostra amica in un anno, praticamente sono 365 frasi di questo tipo che hanno un po’ di umorismo, un po’ di nonsense messe su questo blog per un anno di fila, una al giorno, e questa canzone praticamente prende un po’ di queste frasi e le mette insieme, le mescola. Quindi ogni frase può avere il suo significato, però è basata sul nonsense. Quindi è bello se qualcuno ci vede qualcosa, ma non sarò io a dire cosa ci vedo io.
A chi dedicate Ruggero? E’ un pezzo che mi ha colpita molto…
Ruggero è una canzone che ha scritto un nostro amico molto giovane ed è dedicata ad un ragazzo delle zone del pordenonese. Parla di una persona che esiste, non è qualcosa di inventato o di immaginario. È un ragazzo che esiste veramente e quando un ragazzo giovane dedica una canzone ad un altro ragazzo giovane vuol dire che qualcosa di particolare nella vita di queste persone sta accadendo.
“Persi nel telefono” è accompagnata da un video molto particolare. Ci raccontate di questa particolare tecnica per smartphone e del vostro rapporto con il telefono? Ne siete vittime, oppure ancora riuscite a mantenere una certa indipendenza?
Siamo assolutamente vittime, quasi non ci parliamo più neanche tra di noi, perché siamo sempre troppo concentrati sui nostri telefonini. Adesso un po’ esagero, però è così. Quella canzone non è una critica verso gli altri, ma è una critica verso tutti, perché un pochino così funziona. La canzone ha vari sottotesti, però quella cosa del telefono sicuramente ci trova come tra i peggiori, noi siamo persi nel telefono. Forse Luca il batterista è quello che lo è un po’ meno, ma ultimamente anche lui sta recuperando, è sempre lì che controlla le cose.
Cosa pensi della moda di registrare i dischi col telefonino e in generale a basso costo?
Dischi coi telefonini? E’ una moda addirittura? Mi sono perso qualcosa? Non sono così dentro a questo mondo. Diciamo che se la canzone è bella e dà delle emozioni quando ne fruisci, sei a metà lavoro. Non sono per forza legato a processi di registrazione lunghi o costosi, se una canzone poi diventa bella va bene anche se fatta con un telefonino.
Cosa dobbiamo aspettarci dai live estivi? Novità in scaletta?
Le scalette stanno cambiando spesso, il concerto è abbastanza lungo e c’è una buona parte di Inumani, ci sono un po’ di canzoni del nuovo disco, ma poi ci sono tantissime canzoni scelte nella rosa delle canzoni dei Tre Allegri. È un concerto molto divertente, la presenza di Monique lo rende abbastanza gioioso, quindi direi che è un momento buono per venire a vedere i Tre Allegri.
Intervista a cura di Egle Taccia
 
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