≈ Belize ≈ è il progetto nato nell’estate 2013 all’interno di una band di impronta Indie Rock, dove R. e M. scoprono una passione comune per le produzioni Hip Hop e tutto ciò che ne gravita attorno; si uniscono Y. e D. rendendo più ampio il flusso di influenze nel progetto, che prende presto vita grazie all’impiego di idee partorite dai vari background.
I pezzi sembrano collegati da una linea spezzata, diversi tra loro per la scelta di vari stilemi presi da sfaccettature del mondo Hip-Hop, dalla sua nascita fino ad oggi. Ne risulta, però, un macrocosmo nel quale si riconosce e definisce lo stile particolare del gruppo, ricercato ed essenziale, che scompone e ricompone elementi attinti dal passato con qualcosa che coincide perfettamente con il decennio in cui viviamo.
Ho fatto 4 chiacchiere con Riccardo e questo è il risultato:
Ci siete mai stati in Belize? E’ uno dei paesi del Centro America meno turistici ma una delle sue isole è famosa per la canzone di Madonna. O forse dipende da Breaking Bad, la famosa serie televisiva?
Ebbene si, viene da Breaking Bad. Quando abbiamo iniziato il progetto passavamo interi pomeriggi a suonare, giocare a GTA V e guardare Breaking Bad. Saul Goodman propone di fare un viaggio in “belize” e noi ci siamo subito innamorati. Una parola sola, semplice, pronunciabile facilmente in tutto il mondo e che rimanda a un paese esotico, ma pieno di problemi. Ovviamente non abbiamo pensato che sul web sarebbe stato un incubo per i motori di ricerca.
Avete già fatto tanti concerti e il vostro primo video vi ha dato tanta visibilità. Quanto contano i Social oggi?
Al giorno d’oggi sono imprescindibili, sarebbe veramente assurdo non sfruttarne le potenzialità (anche se alla fine il buon vecchio passaparola funziona ancora alla grande). Detto questo devo aggiungere che curare i social è una cosa che ci diverte molto. Non siamo una di quelle band legata solo ed esclusivamente alla musica, diciamo che la musica ricopre solo il 70% del divertimento, il restante 30% sono i social, i video, le grafiche ecc.
Siete di Varese; quanto “aiuta” la situazione della cittadina lombarda nella preparazione della vostra musica? Possiamo considerare Varese la nuova Bristol?
Penso che essere di Varese ci abbia aiutati tantissimo, personalmente sono abbastanza avvezzo alle mode e penso che se fossimo nati in una città come Milano probabilmente non avremmo avuto la stessa necessità e sincerità nel fare musica, ma piuttosto avremmo seguito qualche filone “standard”, non che a Milano siano tutti così eh, anzi, però conoscendomi ci sarei cascato.
Varese potrebbe diventare la Bristol Italiana, ma manca una scena forte, purtroppo siamo rimasti in pochi a fare musica, o meglio, ci sono un sacco di “nuove leve” che suonano e stiamo aspettando con ansia che concretizzino la loro musica! C’è da dire che il livello è molto alto, vedi ad esempio Waxlife che sta facendo un percorso pazzesco (e anche un po’ pazzo). Parlando di altre “arti” invece c’è una bellissima scena nell’ambito dell’illustrazione, Aloha Project e Vaps fanno dei lavori incredibili e Ravo è riuscito a farsi conoscere in tutto il mondo grazie al suo Caravaggio in un sottopassaggio in una zona particolarmente triste della città.
“Spazioperso” è il titolo del vostro disco uscito lo scorso 3 giugno. Da dove arriva questo titolo? Sentite di aver perso degli spazi e se si quali?
Spazioperso è nato negli anni cui abbiamo finito l’università e iniziato a lavorare. Trasferendoci a Milano e andando a vivere da soli, chi a Chinatown e chi in via Padova, abbiamo perso gli spazi a cui eravamo abituati e in cui ci sentivamo protetti, e questo è un tema ricorrente in tutto il disco.
Fortunatamente abbiamo trovato subito il nostro bar a Milano, e quando trovi il tuo bar vuol dire che sei a casa.
Il singolo che lancia il disco si intitola Bovisa a mano armata, frequentate il quartiere milanese o è un omaggio indiretto ai film polizieschi italiani anni ’70 in chiave trip hop?
Entrambe le cose, sicuramente per due di noi aver frequentato il politecnico nel bronx di Milano ci ha segnato più di quanto pensassimo. Quando passi da una piccola città come Varese a frequentare un campus universitario a Milano rimani affascinato da un sacco di nuove persone, che spesso si rivelano essere molto diverse da come appaiono e quando lo scopri potrebbe essere troppo tardi.
Ci piaceva l’idea di ricostruire un immaginario “universitario” e legarlo invece ad un immaginario in stile duello da film Western o sparatoria da poliziesco italiano anni ’70, da qui nasce canzone e titolo.
Valerio Vergani
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