Giorgieness è un concentrato puro di energia, dolcezza e, passatemi il termine, cazzutaggine. La voce è quella di Giorgie D’Eraclea che dopo aver suonato sola insieme alla sua chitarra, ha dato vita nel 2011 ad un progetto indie-rock. Ad accompagnarla troviamo Andrea De Poi, Davide Lasala e Luca Pozzi. Il primo album “La Giusta Distanza” è di quelli che si ascoltano tutto d’ un fiato e ti fanno ripercorrere la tua vita, dalle esperienze dolorose d’amore a quelle positive. Conosciamo meglio Giorgieness con quest’ intervista.
Giorgieness, una Giorgie meno Giorgie? Giochi di parole a parte, da dove nasce questo nome e da dove nasce il progetto?
In realtà quello sarebbe Giorgien-less. Giorgieness, se vogliamo giocarci, è più Giorginezza! Quindi è come se portassi un pizzico di me dentro, fisicamente dentro, alle canzoni. Che poi è quello che faccio alla fine. Ciò detto, il nome in realtà è nato per esigenza pratica quando ho cominciato, cinque anni fa, a portare in giro qualche pezzo mio chitarra/voce. Era staccato Giorgie – Ness, dove Ness sta per il cognome di Milke Ness – front man dei Social Distortion. Quando siamo diventati tre lo abbiamo unito e ha iniziato a girare, funzionava e lo abbiamo tenuto. Penso che alla fine sia azzeccato. Le cose si sono mosse in modo veloce, anche se sono passati ormai cinque anni, ma non abbiamo mai avuto tempo per pensare troppo al nome, più che altro negli anni ci siamo concentrati sul suonare il più possibile, ovunque, cementare il rapporto di gruppo che da un anno è diventato un quartetto, ha perso un elemento – Samuele Franceschini- ma ne ha guadagnati due, ovvero Davide Lasala e Luca Pozzi, rispettivamente chitarra/produzione e batteria. In tutto questo Andrea De Poi mi è rimasto a fianco ed è insieme a me l’anima del gruppo. Al momento suona il basso, ma prima era alla batteria. Il progetto è nato per l’esigenza mia di dire delle cose e dirle urlando e facendo casino, ad oggi posso dire che almeno in questo ci siamo riusciti. 
 
Sei cazzuta e dolce allo stesso tempo, nella composizione di un testo solitamente quale te prevale?

Penso prevalgano entrambe. Nel senso che io sono così, ho questi due estremi e fatico a stare nella via di mezzo, parlo della vita quotidiana. Forse nelle canzoni riesco a trovare il giusto mezzo tra questi due poli opposti e a seconda di quello che devo dire riesco a far uscire di più una parte piuttosto che l’altra, ma sempre amalgamandole. Per me questo è importante anche a livello umano, con le canzoni razionalizzo sentimenti spesso troppo ingombranti che mi schiacciano, ma una volta che hanno delle parole allora riesco a digerirli. 

 
“La giusta distanza” è il tuo primo vero album, da cosa vuoi prendere la giusta distanza?
Un po’ dal discorso che facevo sopra. Vorrei riuscire a prendere la giusta distanza tra quello che vivo e la reazione che ne segue. Essere meno impulsiva e più “qui ed ora”. Il titolo si riferisce al processo che dovrei fare ogni volta che un’emozione mi travolge. Allontanarmi, guardarla da fuori e solo dopo agire. Non sempre è facile, ma già ascoltando il disco com’è da track list, io noto un miglioramento nell’approccio alla vita e alle cose che mi succedono ogni giorno. Parto arrabbiatissima, con un pezzo che fondamentalmente dice “è tutta colpa tua” e lo urla. Finisco con un canto sorridente in cui spiego che, semplicemente, non è colpa mia, non è colpa tua, però io non ci credo più. 
 
Hai partecipato a “Sotto il cielo di Fred”, che esperienza è stata? Ha portato dei cambiamenti?

Quello è stato il secondo contest a cui abbiamo partecipato, non essendone grandi fan – dei contest – e ce la siamo vissuta come se fosse un mini concerto che se va bene porta a piccole soddisfazioni. È stato bello essere scelti tra tantissime band e avere la possibilità di farsi sentire da nuove persone. Non so se ha portato dei cambiamenti, in questo periodo è tutto molto frenetico, ma sicuramente un sacco di pacche sulle spalle e qualche “quando a Torino?” quindi sicuramente è stato utile! In più abbiamo avuto l’occasione di conoscere nuove band e fare rete, che secondo me è la cosa più bella che può succedere nei back stage di un concerto e in generale nel “back stage” della musica. Se le band collaborassero di più e si aiutassero a vicenda, secondo le loro possibilità, anche piccole, quando credono che altri colleghi meritino, sarebbe il mondo perfetto. Noi continuiamo a farlo e trovare altri pazzi che la credono come noi. E ci fa felici. 
Progetti per l’ estate?
La mia, e la nostra, estate sarà in tour. Nient’altro che tour. Non so nemmeno se riuscirò ad andare in Toscana a trovare mia madre, ma di sicuro ci passerò suonando, quindi non potremmo essere più felici del periodo che sta arrivando e che ormai è partito dall’uscita del disco. 
Federica Monello

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