Il 22 aprile scorso è uscito “Monaci del Surf – III”, l’ultimo episodio della trilogia che ha portato i Monaci del Surf su e giù per la penisola per due anni. In questa occasione abbandoneranno i vecchi kimono per lanciarsi in un nuovo travestimento ispirato dai western di Tarantino. La formula è sempre la stessa, ovvero rivisitare grandi successi in chiave  power surf!

Siete curiosi di scoprire cosa mi hanno raccontato in questa intervista?

E’ uscito da poco “Monaci del Surf III”, l’ultima puntata della vostra personalissima trilogia. Che suoni ci raccontate in questo terzo episodio?

Questo è il terzo capitolo della saga, quello che idealmente la conclude. Sentiamo di avere una missione, quella di portare il rock a più persone possibile, e lo facciamo riproponendo canzoni di altri che spesso non erano rock nella versione originale. Per questo motivo il nostro suono è abbastanza codificato nel surf rock, ma le armonie che evoca provengo da altri mondi. Per quanto riguarda invece la produzione questo disco è molto diverso dai precedenti: per la prima volta abbiamo deciso di registrare fuori dal nostro Monastero e siamo andati con il nostro produttore Lallo Mangani al Mam Recording Studio, dove Riccardo Parravicini ha curato i suoni. Abbiamo dedicato un periodo alla pre-produzione ritirandoci in un luogo segreto in campagna e quando ci siamo sentiti pronti siamo entrati in studio. Abbiamo tentato un approccio “alla vecchia”, montando strumenti e microfoni nella stessa stanza e suonando tutti insieme. Il suono, in senso stretto, è quello di due chitarre e un basso, collegati a tre amplificatori Fender Twin e di una batteria acustica. Ogni tanto, come ci era piaciuto fare anche negli altri dischi, ci sono incursioni di suoni robotici, urla di mostri, versi di scimmie e richiami di uccelli tropicali.

Quali saranno le vostre maschere per questa trasformazione e a chi avete scelto di ispirarvi questa volta?

Le maschere sono cambiate, sono diventate più scure e cattive. Anche noi siamo cambiati. Siamo cresciuti e i kimono si sono consumati a causa delle centinaia di live che abbiamo fatto in questi anni. A poco a poco ci siamo ritrovati vestiti come dei banditi del vecchio west, e ci è piaciuto. Non abbiamo deciso di ispirarci a nessuno, ma diciamo che l’immaginario è quello di “C’era una volta in Messico” di Rodriguez.

Cosa rappresentano questi travestimenti per voi? Perché li utilizzate?

La maschera nasconde il volto, ma libera l’anima. Quando la indossiamo diventiamo i Monaci del Surf e neanche noi sappiamo spiegare esattamente cosa succeda, ma è qualcosa di davvero magico.
Per noi rappresenta la possibilità di scatenarci e dare sfogo ai nostri istinti rock più profondi.

Avete realizzato delle cover di tre artisti diversissimi tra loro (Nirvana, Offspring e Donatella Rettore). Cosa vi ha spinto verso questi brani?

Sono le canzoni a cui siamo più legati, quelle della nostra infanzia o pezzi più moderni che ci hanno catturato fin dal primo ascolto. Ci piace pensare che sia così anche per gli altri, che ogni brano che parte dallo stereo susciti quel pizzico di felicità che c’è nel riscoprire qualcosa che si ama, ma riletto in un’altra chiave. A noi piace molta musica, di generi diversi. Non siamo dei puristi, e non abbiamo paura di spaziare dalla musica classica alla dance.

Qual è il brano a cui siete più legati e perché?

Forse la cover di “all about that bass”, di cui abbiamo inserito nel disco la versione del provino. Non ce la siamo sentiti di registrarla di nuovo in studio, perché la notte in cui l’avevamo provata era stata magica, per cui abbiamo deciso di condividere con tutti proprio quel momento.

Cosa dobbiamo aspettarci da un vostro live?

Tanta energia, un buon volume dal palco, facce sorridenti, molto movimento e un’elevatissima percentuale di rock ’n’ roll!

Intervista a cura di Egle Taccia

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