Cosa succede se un artista dopo aver vissuto ramingo per cinque anni si ritrova a vivere in una casetta sua nel centro di Napoli? Succede che scrive dei nuovi pezzi, chiama gli amici che l’hanno ospitato negli anni passati e insieme registrano le tracce che andranno a comporre il suo nuovo disco. Se poi quell’artista si chiama Gnut si può scommettere che queste tracce saranno sicuramente delle piccole opere lievi e ben calibrate, in cui le parole e le note si incastrano perfettamente.
Farsi raccontare alcune curiosità del nuovo lavoro discografico, Domestico, è stato un vero piacere!
Hai registrato Domestico grazie ad una campagna di raccolta fondi su Musicraiser; cosa consiglieresti agli artisti che, come te, vogliono intraprendere questa avventura?
È un’esperienza molto impegnativa e molto dipende da come si utilizza la piattaforma.
Non mi sento di dare consigli perché ogni disco ha una sua storia e ogni artista deve trovare il modo di proporre questa storia attraverso il mezzo del crowdfunding.
Dipende dal rapporto che si ha con le perone che seguono la tua musica e da quanta fiducia ripongono in te.
Hai vissuto da ramingo per più di cinque anni, durante i quali hai registrato e pubblicato Prenditi quello che meriti mentre Domestico è nato in una situazione stanziale, nella tua nuova casa a Napoli; in che modo la stabilità ha inciso su questo nuovo lavoro?
Nelle mie canzoni e nei miei dischi racconto fasi della mia vita, quindi quello che vivo è determinante in tutti i sensi. Penso sempre che prima di scrivere una canzone bisogna vivere qualcosa da raccontare.
Quindi questa ritrovata stabilità e questo periodo felice hanno inciso tantissimo sia sui testi che sull’atmosfera generale dell’ep.
Quanto ha inciso l’ambiente circostante nella scrittura e nelle registrazioni del disco?
Avere una casa dopo sei anni da girovago senza fissa dimora ti stravolge la vita, quindi direi che l’ambiente tranquillo di casa abbia condizionato tutto il lavoro.
Hai un progetto incentrato sulla musica partenopea con Dario Sansone dei Foja, chiamato Tarall&Wine, ci sono dei brani che avevi pensato per Gnut e che invece sono confluiti in Tarall&Wine?
Il progetto Taral&Wine nasce dall’amicizia fraterna con Dario Sansone con il quale mi diverto tantissimo a scrivere canzoni in napoletano.
Tutti i pezzi del nostro repertorio sono stati scritti insieme, quindi in generale sono due progetti separati.
L’anno scorso in verità è successo il contrario con una canzone mia e di Dario “L’ammore succede” che è andata a finire nel mio repertorio Gnut e in una compilation uscita in Francia.
Sempre per i Foja hai curato la produzione artistica del nuovo album; in che modo questa esperienza ti è servita per i tuoi nuovi lavori discografici?
Lavorare come produttore mi piace moltissimo perché è una cosa molto diversa rispetto a registrare le proprie canzoni: ogni volta si impara e si insegna tantissimo.
Mi sono divertito molto.
Domestico, come anche l’album precedente, è uscito per un’etichetta discografica francese, la Beating Drums, come nasce questa collaborazione?
Nasce dalla collaborazione con Piers Faccini che ha già prodotto il mio secondo disco nel 2008 “Il rumore della luce”. Intanto lui ha aperto una piccola etichetta discografica in Francia e fa cose meravigliose. L’estate scorsa ha ascoltato i provini dei pezzi nuovi che avevo scritto e mi ha proposto di lavorarci insieme.
A settembre inizieremo le registrazioni e la pre produzione a Parigi.
Alcuni dei tuoi brani sono stati scelti come colonne sonore di un documentario e di un film d’animazione; c’è differenza nel processo creativo necessario per produrre una canzone per un disco e per una colonna sonora?
Nel caso in cui si utilizzino canzoni la cosa fa piacere ma non ci sono particolari lavori da fare sulla produzione del brano. In qualche caso bisogna realizzare una versione alternativa a quella del disco ma non è una cosa complicata.
Quando invece si scrive una colonna sonora strumentale il lavoro è differente ed è molto stimolante: si lavora sulle immagini e sulle sensazioni che si vogliono trasmettere a chi sta guardano il film.
Diventano fondamentali i silenzi, le dinamiche i ritmi e le armonie, tutto in funzione di qualcosa di più grande che è la scena che stai raccontando.
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