Dopo una serie di incontri mancati, perchè ogni volta che hanno suonato a Catania, non mi trovavo mai in città, finalmente sono riuscita a intervistare La rappresentante di lista e a vedere dal vivo la band di Bu Bu Sad, ultimo loro lavoro, in cui sono stati valorizzati tutti quegli spunti creativi che ancora in (Per la) Via di casa erano ancora in fase embrionale. La formazione mi ha sempre incuriosita per il suo modo teatrale di stare sul palco, quasi come se fossero una band giocattolo con una bambola cantante.
Poco prima del concerto sono riuscita a scambiare quattro chiacchiere con Veronica e Dario sulla loro musica, sulla loro teatralità e anche su qualche avventura vissuta in tour.
 
Chi è oggi La rappresentante di lista?
Dario: Oggi La rappresentante di lista non è più un duo, ma è una band. Siamo io, Dario Mangiaracina, Veronica Lucchesi, Marta Cannuscio ed Enrico lupi sul palco. Fuori dal palco, al mixer c’è Ario Carletti. Questa è La Rappresentante di Lista, almeno dal punto di vista anagrafico. Poi per andare al di là dei nomi, oggi è un progetto che sta cercando di crescere, di strutturarsi senza troppe definizioni e senza troppi confini. È un’idea che poi è diventata realtà, anzi è una realtà che poi è diventata un’idea.
La passione per il teatro, quanto ha influenzato e influenza il vostro modo di presentarvi al pubblico e la scrittura dei vostri testi?
Veronica: Direi che il teatro è venuto in soccorso in certi casi, nel senso che il tipo di teatro che facciamo noi, che è molto fisico e prevede comunque l’utilizzo appieno del corpo e della voce, ci ha dato alle volte uno sguardo diverso e quindi ci ha permesso di andare nel mondo e di osservare tutto quello che ci accadeva con un occhio più attento, con un’apertura a 360° verso qualsiasi cosa, con un’attenzione per i suoni, per gli odori. Tutto questo ha quindi permesso ai nostri testi di essere ascoltati, visti o odorati , assaggiati. Questo credo che abbia fatto il teatro nella nostra musica.
Il vostro ultimo album si intitola “Bu Bu Sad”. Dietro questo nome si nasconde la voglia di restare bambini?
Veronica: Eh direi che la ricerca continua di questi giochi di parole, di questi giochi anche da bambini continua ad esistere anche in questo secondo album, continuano ad esistere questi piccoli strumentini che colorano alcune delle canzoni e la voglia di restare bambini è qualcosa che non si potrà mai togliere dalla nostra vita.
Dario: più che altro perché è come se fosse la necessità di guardare la realtà da un punto di vista che sicuramente è il nostro, ma che proviamo a spogliare di una serie di sovrastrutture che ti vengono con l’età e quindi probabilmente questo essere bambini poi torna nei testi e nella nostra necessità di divertirci sul palco.
Veronica: Sì è lo sguardo che ti permette di essere scioccato, stupito, sconvolto da delle cose che magari sono semplicissime. Però quello che fanno i bambini è chiedere il perché delle cose e meravigliarsi del mondo e di quello che osservano. Questo è quello che rimane poi…
C’è stato un cambiamento nei suoni, a cosa è dovuta questa evoluzione?
Dario: Sicuramente avevamo voglia di crescere e di provare a coprire tutte le frequenze del suono. In qualche modo c’erano delle canzoni che avevano la necessità di essere raccontate attraverso suoni se vuoi più cupi o più acidi e quando siamo stati in studio a produrre il disco, al contrario di “(Per la) Via di casa” non ci siamo dati dei limiti, o meglio i nostri limiti erano diversi. Quando abbiamo fatto il primo disco in qualche modo eravamo ancora agli inizi della nostra ricerca musicale e quindi quello che avevamo in mano, il chitarrino, piuttosto che la voce di Veronica, ci bastava. Adesso abbiamo conosciuto nuova musica, abbiamo ascoltato altri artisti e si sono aperte altre frontiere.
Ci raccontate la cosa più strana che vi è capitata in tour?
Dario: Ieri Ario, il nostro fonico, mentre giocavamo a lanciarci contro le saracinesche, ha sbattuto il ginocchio contro una macchina e si è dovuto sedere un attimo perché si era fatto del male. Dopo due minuti si sono aperte le persiane di una casa al piano terra, eravamo a Palermo, e c’era un trans che ci ha chiesto se avessimo bisogno di ghiaccio…lei, praticamente dopo dieci minuti, era a massaggiare il ginocchio di Ario, spalmandogli sopra una crema comprata in Thailandia, che le era stata utile quando si era fatta male cadendo dal tacco 12.
Veronica: Era una scena meravigliosa. Una notte magica piena di stelle, il caldo, lei calorosa, quasi erotica, col suo corpo voluminoso, il seno imponente, e noi lì a goderci questo momento di cure e attenzione verso una persona sconosciuta che stava lì di fronte casa sua. È stato un bell’incontro, una bella scena.
Egle Taccia
 
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