Edo e i Bucanieri sono una delle mie recenti scoperte. Il loro ultimo album “Canzoni a soppalco” è un concentrato di brani molto interessanti, che raccontano storie non sempre autobiografiche. Edo infatti racconta di amare guardarsi intorno e catturare delle storie che poi diventeranno canzoni. L’ho intervistato per farmi raccontare com’è nato il disco, come si è trovato a collaborare con Alberto Cazzola de Lo Stato Sociale e per curiosare su alcuni brani. Scopriamo insieme l’ennesimo successo di Garrincha Dischi.
Le tue canzoni non sono propriamente autobiografiche, ma cerchi di attingere dal mondo che ti circonda. Come scegli i tuoi personaggi, le “Vittime” dei tuoi racconti musicali?
Non saprei dirti esattamente in che modo scelgo, non ho una regola precisa, sono tutte cose però che mi sbattono abbastanza addosso e dopo poco magari mi ritrovo con una canzone in mano. Più vengono spontaneamente meglio è. Ad ogni modo sono sempre stato abbastanza curioso di certi personaggi, storie o dinamiche nelle relazioni umane.
Non sei stato solo durante la scrittura di questo album. Ci presenti le varie figure che ti hanno aiutato a realizzare “Canzoni a soppalco”?
Si, con i Bucanieri (principalmente Francesco Traverso al basso e Daniele Schettini alla batteria) abbiamo lavorato sulla parte musicale prima di entrare in studio, partendo dai miei provini. Una volta entrati in studio con il produttore Alberto Cazzola, ci siamo avvalsi anche di moltissime collaborazioni (tutti Bucanieri) per far rendere al meglio i pezzi. E parallelamente con il bravissimo Mario Cianchi ho collaborato per la rifinitura dei testi.
Che tipo di lavoro hai fatto con Alberto Cazzola, il produttore artistico dell’album?
E’ stato molto bello e divertente, con Albi siamo amici da anni. E’ stato come se lui fosse diventato un Bucaniere in più, è davvero bravo ed intuitivo, capisce quando mettere qualcosa di suo o quando ti deve lasciare spazio ed ha spesso dei lampi di genio. Per il resto non ci siamo dati limiti di genere o sound, volevamo che ogni pezzo suonasse al meglio e facesse venire fuori al top la storia o il personaggio al suo interno, come se fossero 10 “singoli”.
In “Resterai con me” sembri volerci dire che una cosa è davvero nostra solo quando l’abbiamo persa. Tipico ragionamento maschile, penserebbero in molti… Ci spieghi in che modo ciò che perdiamo entra a far parte di noi?
Non credo sia una cosa solo ed esclusivamente maschile, anche se tendenzialmente l’uomo è sempre più distratto e “infantile” rispetto alla donna. Comunque è un sentimento molto comune, ed è anche un’autodifesa, quella di interiorizzare maggiormente le persone, i momenti o le cose proprio quando ci rendiamo conto che non li avremo più. Il verso “mi sono rilassato, sopra questa bomba atomica” fa riferimento al momento prima (che a volte capisci a posteriori) in cui dai per scontato qualcosa che percepisci cambierà presto.
Sono curiosissima di sapere cosa abbia ispirato “Silent Disco” e quanto, dietro questo brano, si nasconda il limite della nostra generazione, per cui sembriamo tutti così vicini, abbiamo un sacco di strumenti che annullano le distanze, ma in realtà umanamente siamo lontanissimi.
E’ partito tutto da una silent disco a cui ho partecipato senza cuffie, sono stato in mezzo alla gente che ballava fuori tempo e cantava stonata e si divertiva tantissimo, c’era pochissima aggregazione in realtà, ed è stato stranissimo. Così la mattina mi sono svegliato, c’era un piano e ho scritto questo pezzo, nel quale ho usato Piero come referente a cui raccontavo questa cosa, ne è venuto fuori un pezzo quasi “psichedelico” nel quale: “eravamo così vicini ma così distanti, nello stesso posto non riesco a capire”.
Cosa dobbiamo aspettarci da un vostro live? Quali sono i brani che fanno impazzire il vostro pubblico?
Da un nostro live dovete aspettarvi un dialogo continuo, il concerto noi lo facciamo con il pubblico, per il pubblico. Per il resto diamo tutto, ma proprio tutto, se venite capirete meglio comunque.
Intervista a cura di Egle Taccia
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