Ho incontrato gli Africa Unite, che recentemente sono tornati in tour, quasi dopo un anno dall’uscita del loro ultimo lavoro, “Il Punto di Partenza”, ed insieme abbiamo fatto un po’ di bilanci sulla decisione di regalare gratuitamente l’album ai fan e su quanto questo li abbia ripagati ai live, l’unico vero momento in cui le emozioni del disco si trasformano in realtà. Abbiamo anche parlato della situazione dei nostri club e della nostra musica e di come all’estero un ritardo possa costare caro ad una band. Curiosi di sapere perchè?
A quasi un anno dall’uscita de “Il Punto di Partenza”, qual è il bilancio che potete fare di questo ultimo lavoro?
Devo dire che, col senno di poi, le scelte fatte riguardo a “Il Punto di Partenza” sono state buone.
In prima battuta il fatto di avere messo il disco in free download sul nostro sito è stata una cosa che i nostri fans hanno molto apprezzato, infatti, ad un anno dall’ uscita dell’album, ci sono stati più di 50 mila scaricamenti in un momento in cui anche il download potrebbe risultare superato, a favore dell’ “On Demand” . Questo è un segnale che c’è dell’affetto nei confronti del progetto, e ci rincuora. Anche l’affluenza ai concerti, che era la cosa a cui tenevamo di più è stata buona.
Ora stiamo attendendo il calendario delle date estive e siamo convinti che sarà nutrito.
Avete deciso di diffonderlo tramite il download gratuito dal vostro sito. Come mai questa scelta?
La scelta è stata fatta in base al momento storico che stiamo vivendo. La nostra sopravvivenza economica, anche in momenti in cui i dischi avevano mercato, è sempre derivata dai live, quindi il fatto di regalare il disco e cercare di fare circolare il più possibile la musica è stata fatta per invogliare il pubblico a venire ai concerti. Un disco puoi copiarlo e ascoltarlo nel tuo lettore Mp3, ma le emozioni che si vivono ad un concerto non sono replicabili e si possono vivere solamente stando sotto il palco.
Siete da poco partiti per il nuovo tour, cosa dobbiamo aspettarci da questi nuovi live nei club?
Purtroppo, in questi ultimi anni i live clubs sono sempre di meno, ma nei dieci concerti al chiuso che abbiamo fatto, la scaletta è stata basata fondamentalmente sul nuovo disco con degli inserimenti di alcuni brani che riteniamo essere più rappresentativi del nostro repertorio. Il pubblico c’è stato, si è divertito e inevitabilmente anche noi abbiamo potuto assaporare il suo calore.
Quando siete in tour amate girare per le città che visitate? Vi prendete del tempo per conoscerle o ritrovarle?
Purtroppo quando siamo in giro per suonare non abbiamo mai il tempo per visitare le città. Solitamente arriviamo nel tardo pomeriggio dedichiamo circa un’ora al sound check e poi cena e a seguire il concerto. Dopo il concerto hotel, perché il giorno dopo abbiamo, quasi sempre un’altra data. Quindi andiamo in un sacco di bei posti ma difficilmente abbiamo il tempo per conoscerli a fondo ed apprezzarli. I palchi e gli hotel sono sempre molto simili, ovunque tu sia.
Che impressioni avete della scena live italiana? I locali fanno fatica o la cultura dei concerti riesce a resistere nonostante la crisi della discografia?
Come già anticipato qualche risposta fa, i club hanno dovuto lottare parecchio per resistere a questo momento critico, e solo quelli più solidi, da tutti i punti di vista, ce l’hanno fatta. Al di là di tutto la scena musicale italiana è molto fiorente, nascono continuamente gruppi che vedono nel live la loro espressione migliore. Penso che sia necessario, nonostante sia difficile, spingere la cultura del concerto, una situazione irripetibile a livello emozionale ed anche un modo per mantenere viva la socialità vera, che nell’epoca dei vari social network, ho l’impressione si stia un po’ perdendo.
Ultima domanda. Qual è la cosa più strana che vi è capitata in tour?
In questi anni di tour, sicuramente di cose starne ce ne sono successe parecchie. Ora me ne viene in mente una. Alcuni anni fa, eravamo in Inghilterra per un tour di alcuni giorni. Arrivati ad Exeter, nel club dove avremmo dovuto suonare quella sera, con tre quarti d’ora di ritardo, rispetto all’appuntamento schedulato, con nostra grande sorpresa il manager del locale ci ha detto che essendo arrivati in ritardo non ci avrebbe fatti suonare. Nonostante ci fosse il tempo per fare tutto (set up e sound check) così è stato. Ci ha veramente sorpreso un atteggiamento così rigido, certamente in Italia non ci sarebbero stati problemi e sicuramente, il concerto, si sarebbe fatto.
Intervista a cura di Egle Taccia
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