Da un’urgenza espressiva e compositiva che stringe come un pugno allo stomaco, che esce fuori come un grido di dolore, nasce il nuovo disco di Marquez, moniker con espliciti riferimenti letterari dietro cui si cela il progetto di Andrea Comandini, voce intensa della scena indipendente romagnola. Produttore, compositore e polistrumentista sin dagli anni ’90, Marquez, in questa intervista, ci racconta Lo Stato delle cose, il suo ultimo lavoro discografico.
Il tuo ultimo lavoro, Lo stato delle cose, in che modo si inserisce all’ interno della tua produzione artistica? Di cosa parlano le tracce e a cosa si riferisce il titolo?
Questo album arriva dopo una lunga pausa, avevo delle cose da dire e avevo bisogno di farlo nel momento stesso in cui stavano accadendo. L’ho realizzato lavorando in casa, raccogliendo reperti sonori, preferendo una dimensione più ruvida e “sbagliata” alla precisione dello studio o al suono di una band, cosa dalla quale mi sono allontanato già con “Figlio del diavolo”. Ho scritto senza pensare ad un disco fino a che mi sono accorto che tutti questi minuscoli pezzi di cuore, fegato, polmoni e occhi, venendo a galla, raccontavano perfettamente “Lo stato delle cose”, la fotografia di un momento nella vita di un uomo semplice, scossa da universi molto più grandi di lui. Un po’ come succede al protagonista del bellissimo romanzo di Richard Ford dal quale ho deciso di rubare il titolo.
Al disco hanno partecipato anche diversi artisti della scena romagnola, conosciuti e apprezzati anche nel panorama artistico nazionale: chi sono e come è nata la collaborazione con loro?
La Romagna ha sempre goduto di un panorama musicale piuttosto interessante e vivido, tutte le persone che gravitano attorno a questa scena si conoscono bene o sono addirittura buoni amici ed è frequente che si verifichino collaborazioni trasversali. Sul disco, oltre a Michele Bertoni che lo ha anche prodotto e Fabio Ricci già con me negli MWB, ci sono Enrico Farnedi, cantautore e tromba dei Good Fellas, Diego Sapignoli dei Sacri Cuori, Simone Marzocchi e Paolo Gradari dei 64 slices of american cheese, Enrico Malatesta, percussionista eclettico votato a una preziosa ricerca del/sul suono, Dario Giovannini degli Aidoru, Gioele Sindona, Teresa Tondolo, Emma Erdas e Viola Mattioni.
Come nascono i tuoi brani? Hai una metodologia ben precisa o tutto, di volta in volta, è affidato all’ispirazione del momento?
No, non posso dire di avere un metodo, sono un istintivo, ho bisogno di sentire qualcosa molto intensamente e scrivere, scrivere e riscrivere e che sia qualcosa di profondamente reale. Ho bisogno di essere onesto con me stesso, altrimenti non funziona. Niente di sintetizzabile in uno schema direi.
Hai iniziato a far musica negli anni ’90: come è cambiata la scena musicale italiana da allora?
È una domanda davvero difficile e richiederebbe una lunga chiacchierata. Perché di cose ne sono cambiate, è vero: è cambiata la discografia, sono cambiati i suoi canali di vendita e distribuzione, sono cambiate le modalità di produzione della musica, è cambiata la sua fruizione, non è più necessario uno studio di registrazione per realizzare un disco, né un’etichetta per pubblicarlo e gli artisti possono raggiungere una incredibile notorietà attraverso i social network, magari con un brano solo. Si continuano però a stampare vinili e cd e si suonano i concerti che sono rimasti forse l’unico momento di confronto importante con il pubblico vero. Di questo non è cambiato poi tanto, per fortuna.
L’utilizzo dell’elettronica, a livello sonoro, segna una rottura rispetto al passato: raccontaci meglio a quale esigenza risponde questa tua scelta
In verità l’elettronica su questo lavoro è davvero marginale, forse solo in un brano si palesa come drum machine analogica, il resto è tutto suonato. Dovremmo forse parlare di rumore, di disturbo, questo sì, perché a volte sento il bisogno di rendere più complesso il piano di lettura della canzone, specie quando si muove su una struttura più canonica. Sono un errore questi inserti, perché l’errore esiste e io non voglio fare a meno di considerarlo.
Dove potremo sentire dal vivo i tuoi nuovi brani?
C’è già una line-up pronta e scalpitante che probabilmente verrà però rimandata a settembre. Siamo ancora alla ricerca di un’agenzia che possa andare bene per noi e anche se non sembra un’operazione così semplice, io sono entusiasta di come stiamo impostando il live e non vedo l’ora di tornare sulla strada.
 
 a cura di Laura De Angelis
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