I RAMACHANDRAN sono un trio toscano e fanno punk. Il loro primo disco, “Marshmallow”, tratta un tema davvero affascinante e dal quale hanno pure tratto il loro nome. Stiamo parlando del mondo delle neuroscienze e di uno studioso del settore, l’ indiano Vilayanur S. Ramachandran. La domanda che il gruppo si pone nel disco è: “come funziona il cervello?”. La risposta è contenuta nelle tracce che raccontano ognuna una storia. Ma lasciamo parlare loro, i RAMACHANDRAN!
Ciao! Chi siete e come vi siete formati?
Ciao! Ci presentiamo subito: siamo Sara Corso (voce), Andrea Ricci (chitarra) e Andrea Torrini (batteria). Ci siamo incontrati musicalmente circa un anno fa.
Andrea: Veniamo da ambienti e vite diverse, ognuno di noi è sempre stato collegato alla musica, io per esempio provenivo da un gruppo Blues-Rock e quando ho conosciuto Andrea e Sara abbiamo subito trovato un punto in comune: lo stoner rock. Era da anni che volevo buttarmi in sonorità più aggressive, più pesanti ma allo stesso tempo veloci e, con loro, capii subito di aver trovato ciò che cercavo… perciò, a parer mio, la nostra formazione è stata rapidissima!
Da dove nasce il vostro interesse per le neuroscienze? Come lo unite alla musica?
Sara: Colpa mia! Adoro il lavoro dei neuroscienziati. Per molti anni mi è stato difficile capire come funziona il cervello, un po’ perché è una materia in costante evoluzione, un po’ perché non avevo un divulgatore di riferimento. A un certo punto è arrivato fra le mie letture Vilayanur Ramachandran, grande scienziato ma anche ottimo divulgatore. Ho pensato che mi avrebbe motivata tradurre questa passione nei testi e non c’è voluto molto a coinvolgere i compagni. Riuscire ad appassionare le persone a un argomento come questo è davvero appagante, considerato poi che ancora oggi parlare delle dinamiche del cervello è spesso visto con un certo timore.
Andrea: Per quanto mi riguarda mi ha sempre affascinato il cervello umano, i suoi comportamenti, i disturbi dell’essere e le loro soluzioni… Quando, parlando con gli altri, la Sara promosse il tema della neuroscienza fui subito a favore. Tutti fummo subito d’accordo: “ il nome del gruppo sarà ‘Ramachandran’”! Preparare la parte musicale e poi ritrovarsi a scrivere testi di questo genere è molto stimolante… oltre che divertente!
Leggo Marshmallow e penso alla dolcezza, poi ascolto il disco ed entro in vortice punk. Parlatemi del disco.
Andrea: Il disco è a tutti gli effetti un concept album, il tema neuroscientifico permea ogni canzone… ognuna differente per ritmica e armonia ma tutte legate da un incalzante dinamismo… o perlomeno è ciò a cui ho personalmente mirato durante la composizione delle parti sonore.
Burzum: Vorrei spendere qualche parola sullo studio “L’Orfanotrofio” di Lorenzana (LI), che ci ha permesso di registrare in presa diretta con impegno, professionalità e pazienza davvero notevoli, facendo sì che il risultato fosse il più vicino possibile all’esperienza live. Certe sbavature, piccole oscillazioni di velocità, pause calcolate “allo sguardo”, sono qualcosa che secondo me col metronomo e le sovraincisioni si vanno a perdere. Dato il tipo di proposta, mi sembrava assai più adatto questo sistema.
L’illustrazione del disco è molto bella, come si collega all’ intero lavoro?
Sara: Intanto grazie, è un’illustrazione che ho fatto e mi rappresenta in molti aspetti, specialmente quello ironico, il serpente “Kermit” è abbastanza buffo e richiama subito alla mente la tentazione, che per me è una parte oscura che abbiamo tutti e con cui bisogna imparare a convivere e accettare. Fra i simboli inseriti qua e là troviamo un cervello, qualche runa e altri simboli random. Tutto per sottolineare il mistero fantastico che è l’umanità. Sullo sfondo c’è lo spazio, a ricordare che noi e quindi il nostro cervello siamo fatti di elementi di corpi celesti databili anche miliardi di anni fa venuti a contatto con la nostra atmosfera. Pretenzioso forse da rappresentare sulla copertina di un disco, ma non avrei potuto davvero fare altro perché ormai tutto questo è parte del mio immaginario.
Il vostro sito è tutto in lingua inglese, puntate ad un pubblico internazionale?
Andrea: Pubblico mondiale! Con l’inglese è possibile legare alla musicalità della lingua anche la comprensione del testo essendo quella maggiormente diffusa… In italiano di certo saremmo stati molto più limitati, anche dalla metrica stessa nella composizione dei testi.
Federica Monello
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