Natural è il nuovo album della cantante Stefania Dipierro, presentato e prodotto da Nicola Conte, uscito l’11 marzo in tutto il mondo per l’etichetta inglese Far Out Recordings e distribuito in Italia da Ird. Abbiamo intervistato Stafania per farci raccontare come è nata questa collaborazione con Nicola Conte e come si sviluppano gli intenti della loro musica.
Ciao Stefania, tu e Nicola Conte siete amici di lunga data e avete intrapreso la carriera musicale praticamente in contemporanea, tuttavia le strade vi hanno separato in fretta. Come è per voi tornare a collaborare dopo tanto tempo?
Tutto è cominciato all’interno del movimento musicale Fez guidato da Nicola che, già giovanissimo, dimostrava una visione oltre le cose. Per me è stato come trovarmi nel mio luogo ideale, era una delle prime serate Fez quando lo vidi suonare e ne rimasi incantata e legata da subito. Da lì abbiamo passato 10 anni insieme tra concerti e produzioni discografiche. Poi mi sono trasferita a Roma e dopo ad Amsterdam mentre lui si affermava nel mondo con l’album “Jet Sounds”. Siamo sempre rimasti in contatto, anche perché la musica ed i musicisti che condividiamo continuavano a creare un tessuto comune, insieme ad altri elementi e ad altri stimoli. In realtà, quindi, non ci siamo propriamente ritrovati, più che altro abbiamo trovato il tempo per esprimere insieme attraverso la musica il nostro vissuto, le nostre percezioni, le nostre idee.
Da dove nasce “Natural”, il vostro nuovo album?
Nasce dal forte desiderio di fare un disco insieme a tutti i costi, dopo un percorso così lungo e intenso. Nicola e io abbiamo senz’altro una sensibilità affine, poi siamo entrambi dentro la ricerca circa la musica di matrice brasil, jazz, soul, funk ed elettronica. Tutto ciò è il seme di Natural. Abbiamo ripreso delle tracce dal passato (’60-’70) vicine alla nostra mentalità musicale ed in un sottile metodo semiotico. Caetano Veloso in quegli anni è stato iperproduttivo in termini di musica e pensiero, ne abbiamo riproposto il mantra Joia, unito ad altre cose tra Gilberto Gil, Novos Baionos, J.Ben, Jobim e personalità americane come Betty Carter, Steve Khun ed una traccia jazz che ho sempre amato molto “Softly As In A Morning Sunrise”. Il lavoro ha raggiunto completezza aprendo la porta della scrittura. I 4 pezzi originali sono espressione di quello che la musica è per noi, qualcosa di molto vicino alla poesia. Così Nicola ha scritto l’intimista bolla d’amore “Within You and I” e la club track “I Feel the Sun on Me”, io le 2 tracce in portoghese il jazz-samba “Ainda Mais Amor” e la title track funkeggiante “Natural”. Tutte sussurrano forte di vivere amando.
Avete registrato questo album tutto in presa diretta. Quali sono state le difficoltà che avete affrontato?
Il suono era già in testa e Nicola ha guidato il lavoro in studio con il consueto clima e interplay meraviglioso dei musicisti. La diversità di ogni session e la varietà del materiale ha dato spazio alla mia personalità. Ho cantato cose molto diverse tenendo in mano i fili della poesia, delle emozioni, dei groove. Ci siamo tutti espressi in libertà, una libertà disciplinata. Lavorare così d’istinto non crea difficoltà particolari, necessita solo di molta concentrazione e forza.
Stefania, le esperienze all’estero immagino ti abbiano arricchita. Qual è quella che ti è rimasta dentro maggiormente delle altre?
Tutte le esperienze hanno un valore. Sono importanti perché nutrono il cammino della conoscenza tra stimoli, riflessioni e visioni. Ho ricordi sparsi in varie parti del mondo. Quando sarò vecchia mi piacerà ricordare tante cose come la fatica dei viaggi o l’adrenalina del contatto col pubblico. Nei miei concerti e dj-set in gran parte dell’Europa, Turchia, Brasile, all’inizio provavo delle emozioni diverse perché sapevo che potevo narrare il contenuto delle canzoni essendo capita, in inglese ed in portoghese. Dalle esperienze all’estero ho poi iniziato a cantare anche cose in italiano nel nostro Paese per rompere la barriera linguistica e nel 2001 ho dato vita alla “Connection: Italia-Brasil”. Una volta mi trovavo a Sofia con Nicola e mentre stavamo cenando abbiamo iniziato a parlare seriamente di voler fare questo disco insieme. Un altro ricordo lontano nel tempo è di un tour di un mese a Cuba con un’orchestra e Fabrizio Bosso. Viaggiavamo e suonavamo ogni giorno ed eravamo accolti con un calore indimenticabile. Anche le performance in dj-set di elettronica con Nicola, con il supperClub etc. mi hanno arricchita molto, vibrazioni uguali ma diverse, la gente si muove molto con te quando sei in un club. Senz’altro quella che rifarei ogni giorno è cantare in Brasile, lì mi son sentita veramente a casa. L’estero continua ad essere parte di me. Questo Lp è pubblicato dalla bellissima etichetta inglese FarOut, che ha nel suo catalogo produzioni di forti artisti brasiliani come Joyce Moreno e Marcos Valle. La più recente esperienza legata all’estero in questo momento è essere stati ‘TOP SONG OF THE DAY’ con la traccia ‘Maracatu Atomico’, che apre il nostro album, per la KCRW importante radio storica di Los Angeles.
Gli artisti che hanno collaborato a questo album sono moltissimi. Come siete riusciti a coniugare i vostri intenti?
Si, ci sono molti musicisti che voglio ricordare: al piano Pietro Lussu e Mirko Signorile, al basso Luca Alemanno, i batteristi Nicola Angelucci, Marco Valeri, Fabio Accardi e Dario Congedo, alle percussioni Pierpaolo Bisogno ed Emanuele Ferrari. Alle chitarre Nicola e Fabrizio Savino che ha partecipato alla scrittura degli originali. I feat. di Rory More all’hammond, di Gaetano Partipilo sax e flauto, e di Fabrizio Bosso, a cui sono particolarmente legata anche perché amo suonare la tromba e quando eravamo più piccoli ho preso qualche lezione da lui. Siamo tutti amici da sempre, una vera famiglia allargata. La bellezza di questa cosa mi fa battere forte il cuore. In questo Nicola rivela totalmente la sua natura di condivisione e amore nel voler fare le cose insieme a più persone. I nostri sono intenti comuni o consapevoli, sappiamo cosa vogliamo e una volta chiarito il taglio delle cose non c’è nessun tipo di confusione. C’è molta diversità e preparazione personale. Coniugarci tutti in studio è stato molto più impegnativo invece. Vivendo in luoghi diversi e dovendo ritagliare giorni considerando gli impegni di tutti.
Quale è il messaggio principale che cercate di trasmettere all’ascoltatore?
Ognuno di noi cerca di trasmettere qualcosa. Forse perde contatto con se stesso, quindi trasmette solo una parte di quello che avrebbe potuto. Certo è tutto in relazione con la propria formazione, integrità e desideri. La logica è più quella di essere semplicemente se stessi. Storicamente le label discografiche hanno sempre cercato di indirizzare gli artisti e convincerli a trasmettere questo o quello. Trasmettiamo ciò che siamo, quanta più forza talento concentrazione e volontà si hanno tanto più si va oltre di sé e si arriva agli altri e ai propri simili. Per le espressioni artistiche non pop è una cosa delicata, si segna il confine tra il volere e l’essere. Il messaggio contenuto nella nostra musica è semplice: vivere il sole del giorno e il buio della notte, la felicità e la tristezza, di ritrovare pace nella natura, amare e rispettare, di essere naturali.
Intervista a cura di Giulio Paghi
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