Johnny DalBasso è uscito il 25 febbraio con IX, il secondo album di questo one man band. Lo abbiamo intervistato per farci spiegare come nasce e di cosa parla questo nuovo progetto.
Ciao Johnny, il 25 Febbraio è uscito il tuo secondo album, “IX”. Da dove nasce il tuo lavoro?
Questo lavoro in particolare nasce per strada. Non che voglia fare il tipo “metropolitano” a tutti i costi ma devo dire che la maggior parte dei pezzi contenuti in “IX” sono nati da scontri/incontri avuti personalmente durante quest’ultimo anno e mezzo di tour che mi ha visto attraversare l’Italia e mi ha concesso di vivere esperienze che di certo restando a casa non avrei potuto ottenere.
So che hai registrato e missato questo album in soli 7 giorni. Come è stato possibile? E cosa ti ha spinto ad optare per questa soluzione?
Volevo registrare un disco a basso budget, per ovvie ragioni, ma che rispecchiasse l’antica arte, oggi perduta, di registrare i dischi live con pochissime possibilità di editing nella post-produzione. Ho preferito preparare i pezzi in modo minuzioso prima di entrare in studio per poi suonarli in maniera consapevole durante le registrazioni. Mi è servito per questo registrarmi durante i live e capire dove andare a limare gli arrangiamenti e la struttura dei pezzi. E’ stato possibile perché una volta montata la strumentazione ho finito le parti ritmiche in due giorni, mentre ho registrato tutte le voci in un’unica session il terzo giorno… il resto del tempo lo abbiamo usato per i missaggi.
L’uscita del tuo ultimo lavoro è stata preceduta dal “Copia pirata tour”. Cosa mi racconti di questa esperienza?
Mi sono inventato questo modo diretto e ironico di presentare il mio lavoro “non presentandolo”, se così si può dire. La “Copia pirata “ prevedeva la copia fisica di “IX”, una mela con bollino JDB ovviamente ed una spilla, il tutto chiuso in una busta alimentare dipinta di nero (a mano) e sigillata da un adesivo con le istruzioni per l’uso tra cui il monito: “Mangia la mela prima che marcisca”. Non so se è stata una scelta oculata o meno ma al momento ho venduto più copie pirata che copie “ufficiali”, e questa cosa la dice lunga sull’interesse che può suscitare una scelta originale di proporre il proprio lavoro al pubblico.
IX è un album che parla molto delle figure femminili. Quale è la spinta che ti ha portato ad optare per questi soggetti nelle tue canzoni?
Le donne di cui parlo sono donne forti, figure che nella musica italiana sembrano non esistere. Parlo spesso di questo tipo di donna perché resto sconcertato dal fatto che, lasciando stare per un attimo i colleghi maschi, siano le cantanti e le cantautrici (non tutte per fortuna) a proporre figure femminili deboli, a cui “manca il fiato” e che preferiscono piangere “milioni di lacrime” invece di reagire. Per me è un modo per dire che sono dalla parte delle donne ma anche che la loro sensibilità, spesso troppo ostentata, non deve mai cedere il passo alla retorica fragilità femminile… In poche parole, donne, reagite!
Inoltre come anticipazione insieme al già citato tour hai colpito il pubblico con il singolo “Isabella”. Perché proprio questa canzone?
Per la stessa ragione di cui sopra: Isabella è una donna forte, in questo caso una strega di un’epoca non precisata, che si prende la sua rivincita sfruttando, perché no, anche la sua femminilità. Il soggetto del video l’ho scritto personalmente ed infatti si nota che questa ragazza all’apparenza innocua, usa la sua finta debolezza per attirare il malcapitato inseguitore nella sua trappola… La donna diavolo o strega poi è una figura molto presente nel linguaggio del blues ed essendo molto appassionato del genere mi piace riproporre questi “vecchi stereotipi” nella mia musica.
Un’ultima domanda. Ti chiedo tra le molte esperienze che hai avuto nel settore musicale quale ti è rimasta più dentro?
Ora come ora l’esperienza migliore è stata la reazione del pubblico a questo nuovo lavoro, di cui ho seguito personalmente tutta la produzione. Il fatto che chi mi segue abbia riconosciuto il mio sound dal vivo in un prodotto in studio mi ha reso orgoglioso del mio lavoro e mi ha fatto capire che la strada da prendere, personalmente, è quella di un sound vivo, registrato in presa diretta, senza metronomo, senza plug-in inutili, che riesca a conservare intatti i difetti e i pregi di un’esperienza dal vivo in studio (colpi di tosse compresi).
Intevista a cura di Giulio Paghi
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