Brenneke è Edoardo Frasso, un musicista a tutto tondo che dal 2010 ha intrapreso la carriera solista dopo esser stato il chitarrista della band Il Fieno. Nel 2013 ha pubblicato un EP omonimo, ma il suo vero e proprio primo disco uscirà il 5 aprile. L’album, “Vademecum del Perfetto Me”, è un viaggio intorno al concetto di identità tra cantautorato indie e alternative rock. Ecco a voi la bella chiacchierata con Brenneke.
 
Ciao Edoardo, anzi dovrei chiamarti Brenneke. Perché Brenneke?
Ciao Federica, piacere di conoscerti. Brenneke è un nome che mi sono dato un pomeriggio di qualche anno fa, per definire in qualche modo il mio bisogno di scrivere e di cantare delle canzoni. Senza nemmeno chiedermi troppo il motivo ho preso in prestito il nome di un famoso archivista tedesco degli anni Quaranta, che spero mi perdonerà. Ah e nel 2013 ho anche preso in prestito il suo volto per la copertina del mio primo EP. Mi auguro di non beccare mai nessun erede.
Leggo che suoni chitarra, basso, tastiere, drum machine e inoltre canti. Quasi una one man band moderna, come ti sei avvicinato a tutti questi strumenti diversi tra loro?
Beh, di base sono chitarrista e musicalmente è così che penso a me stesso, soprattutto come ad un tizio con una chitarra. A imparare a suonare il basso non so bene come ho fatto, però posso dirti che possiedo un basso e questo forse è stato sufficiente. Per il piano ho dovuto faticare un po’ di più: sono dieci anni che cerco di padroneggiarlo con disinvoltura ma niente oh. Anzi in questo disco ci sono tastiere suonate direttamente con la qwerty del computer, metodo che andrebbe sdoganato e che adopero quando non mi va il cavo midi, ossia spesso. Per la voce ho preso per buono un consiglio di Michael Stipe, cioè: “Se sai camminare sai cantare”. Non sono un gran camminatore ma mi piace farmi due passi ogni tanto.
Tre aggettivi con i quali puoi descrivere l’album che sta per uscire, “Vademecum del perfetto me”. 
Me ne vengono tanti ma direi: equilibrato, imperfetto, identitario.
“Lascio il gruppo per intraprendere una carriera solista” è la prima traccia dell’album oltre ad essere un dato di fatto della tua biografia. Mi aspettavo una qualche spiegazione e invece è solo strumentale. La spiegazione sta semplicemente nella musica? Se sto spoilerando, chiedo venia.
No non spoileri affatto, anzi. Sì, per quel titolo cercavo una leggerezza che si contrapponesse all’atmosfera un po’ cyber apocalittica del pezzo e che restituisse con chiarezza il clima da inizio. Intanto, in un disco secondo me piuttosto intimista mi sembrava interessante che il primo pezzo fosse una presa di coscienza di quello che c’è fuori. Al di là del dato per così dire biografico, quella frase è un omaggio al territorio che da un po’ di anni osservo con malcelata curiosità insieme a tutti i miei amici artisti, ossia la scena musicale indipendente italiana. “Lascio il gruppo per intraprendere una carriera solista” è una cosa piuttosto ridicola da dire di per sé, trovavo che restituisse la genuina pateticità che noi musicisti spesso ci trasciniamo dietro. Ma in mezzo alla sfiga se ne coglie anche un certo bisogno di riscatto. Apparentemente non sembra ma nello spirito del disco è un titolo molto malinconico perché dietro all’ironia nasconde una specie di dichiarazione di libertà. Per spiegare al meglio, immagina quella frase pronunciata da qualcuno in un fumetto dei Peanuts. Ecco, era esattamente così che la intendevo.
Il “Vademecum del Perfetto Me” è quello del perfetto te? Se si, quello musicale o quello di carne ed ossa?
Vademecum del Perfetto Me” è un titolo che stride da un punto di vista logico. In generale si presuppone che un vademecum rappresenti uno standard che sia in qualche modo riproducibile e un modo standard per essere se stessi è un concetto assolutamente paradossale. Perciò non credo sia tanto importante a chi quel titolo si riferisca, importante è la domanda che gli ruota attorno: se si sa benissimo che la perfezione non esiste, allora perché non si smette mai di cercarla?
 
Federica Monello
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