Tutto il resto non so dove è il disco di esordio della triestina Chiara Vidonis, un album che sta ottenendo recensioni assolutamente positive, un buon debutto per una musicista completa e con grandissime potenzialità. La produzione del disco, estremamente curata – dalla stessa Vidonis – si avvale di musicisti in perfetta sintonia con l’universo musicale che la circonda, il rock in tutte le sue declinazioni, da quella che sfiora il punk ad un’intensa attitudine pop: Daniele Fiaschi (chitarre), Andrea Palmeri (batterie), Simone De Filippis (synth, basso, ipad,), Stefano Bechini (sound engineer, supervisione produzione). Ecco tutti i dettagli in questa intervista, buona lettura!
Il tuo debutto discografico, Tutto il resto non so dove, comprende undici brani scritti da te: cosa racconti nelle tue canzoni? Qual è la tua principale fonte di ispirazione?
Non è mai facile descrivere quello che c’è in una canzone, soprattutto quando si ha una scrittura istintiva come la mia. Spesso l’ispirazione arriva da una frase, un gesto, non è sempre chiaro. Poi con il tempo, quando la canzone si è “sedimentata”, mi rendo conto che assume dei significati che non avevo considerato subito, al momento della scrittura. È un processo molto affascinante. Questo disco racconta di tante cose, d’amore, di guerra, di cose che avevo dentro e che avevano urgenza di uscire. Sono 11 brani molto diversi tra loro, sia nei contenuti che negli arrangiamenti, mi piace questa diversità tra loro, un po’ come mi piace trovarla nelle persone…credo che l’essere umano sia talmente vario, fragile e allo stesso tempo forte, che il mio primo disco non poteva essere statico.
Il titolo dell’album a cosa allude?
Il titolo dell’album è la seconda frase del brano “Cannibale”, con il quale il disco si chiude. In questi ultimi 4 anni, in cui ho scritto e prodotto il disco, tutto scorreva attorno con un unico punto fermo: il disco stesso. Tutto il resto non è mai stato importante, me ne rendo conto, mi sono proprio chiusa in lui, non so cosa avrei fatto in alternativa se non avessi fatto il disco, ogni tanto ci penso…forse un corso di ceramica, ad ogni modo, il titolo allude proprio a questo, al fatto che, disco a parte, tutto il resto non so dove.
Ricordi il tuo primo approccio con la musica, l’incontro fatale che ti ha fatto capire che questa sarebbe stata la strada che avresti voluto percorrere?
Onestamente no. Mi è sempre piaciuta, l’ho sempre ascoltata. Ho iniziato a suonare presto, intorno ai 9 anni, e mi ci sono immersa totalmente. L’ho subito intesa come un modo per esprimere me stessa, per buttare fuori cose…mi ricordo che perlopiù suonavo le canzoni che scrivevo, la vivevo come una cosa molto intima e non ho subito pensato che poteva tramutarsi in un concerto, in un’esibizione live. Ero noiosissima presumo…se qualcuno mi chiedeva di suonare un pezzo famoso io non lo conoscevo…ma non mi interessava, componevo canzoni mie, mi è sempre interessato questo. Poi quando senti che hai una sorta di urgenza dentro è la strada che sceglie te, è la musica che ti guida, non sei tu che ne prendi coscienza.
Ti sei occupata anche della produzione di Tutto il resto non so dove, un aspetto che, talvolta, alcuni tuoi colleghi considerano superfluo: in che modo, invece, può personalizzare il lavoro di un artista?
Io credo che sia importante avere le idee chiare su come deve essere prodotta la tua musica. Ma credo anche che sia molto importante lasciare ad ognuno il suo lavoro, inteso come mestiere, che non si può improvvisare. Conosco i miei limiti e non mi sarei mai sognata di produrre il disco da sola. Per questo sono stati fondamentali Stefano Bechini e Simone De Filippis. Loro hanno vestito i brani degli arrangiamenti più adatti e hanno capito alla perfezione le mie esigenze, il mio linguaggio. Anche Daniele Fiaschi (chitarra elettrica) e Andrea Palmeri (batteria) sono stati importantissimi. È stato un disco arrangiato con la forza di un collettivo di persone vincente, a mio avviso.
Per quanto riguarda le sonorità, quali generi riescono ad esprimere in pieno la tua anima musicale? E quali artisti hanno avuto grande influenza su di te?
Mi piacciono le sonorità dure del rock ma anche la dolcezza e la semplicità del cantautorato più folk per così dire. Non ho mai dei paletti nella musica, ed è il motivo per cui nel disco convivono in tranquillità pezzi come Immaginario o Lo Stato Mentale.
Come sta andando la promozione live di Tutto il resto non so dove?
Sono davvero felice e soddisfatta, sto suonando molto in giro per tutta Italia e credo sia la cosa più importante per un’emergente che ha a disposizione più o meno solo se stessa e la sua musica. Bisogna suonare il più possibile, cercare di comunicare con il pubblico ovunque, anche perché è tutta esperienza utile a migliorarsi.
a cura di Laura De Angelis
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