Dai tempi di X Factor di strada ne hanno fatta parecchia: stiamo parlando dei The Bastard Sons of Dioniso che in questa intervista ci raccontano del loro ultimo album, Sulla cresta dell’ombra,  e di come la musica possa essere uno strumento prezioso per sostenere importanti cause sociali.
 
 
Sulla cresta dell’ombra è il titolo del vostro ultimo album, più intimista e confidenziale rispetto ai precedenti: di cosa parlano i vostri nuovi brani e come sono nati?
Dei 12 brani presenti nell’album 2 sono inediti, 9 sono reinterpretazioni in chiave acustica di nostri brani già pubblicati negli album precedenti, e, infine, c’è una cover di Crosby, Stills, Nash & Young. Quindi in realtà, parlando di tutto il disco, è più il sound ad essere diverso e confidenziale, il concetto dei testi può avere ampia interpretazione, parlando di più di 10 anni di nostre esperienze. Ogni brano parla a modo suo. Non potremmo definire con poche parole dei concetti così variegati. Penso che comunque le canzoni parlino di noi, di ciò che abbiamo vissuto e stiamo vivendo.  Gli inediti sono nati con un processo differente rispetto ai lavori precedenti. All’incontrario. Solitamente nasceva prima la musica e da essa si traeva il concetto da esprimere sia a livello ritmico che armonico. “Sulla Cresta dell’Ombra” parla del nostro modo “sereno” di vivere il mondo della musica, dell’equilibrio che abbiamo trovato, delle soddisfazioni per quello che abbiamo costruito senza il bisogno di doverlo per forza dimostrare al mondo. È un percorso in salita, faticoso, in particolare quello legato al mercato musicale. Conta più l’apparenza o l’aspetto veramente artistico delle creazioni? Quando si trova il proprio posto, si può finalmente respirare aria fresca. “Vorrei un deja vu” invece racconta di una storia d’amore passata, del desiderio di rivivere alcuni momenti, ma al contempo di considerazioni più razionali, avrebbe senso ora? Sono quei momenti a mancarci? O la sensazione provata in quei momenti, ma il voler viverla con altre persone?
Tutti noi abbiamo avuto modo di conoscervi grazie ad X Factor: è cambiata la vostra idea sui  talent  o è rimasta la stessa?
Abbiamo vissuto, in quegli anni, un momento di cambiamento tecnologico, di comunicazione e di mercato, non avevamo l’idea stessa del talent prima di parteciparvi, come dei social network o di internet, che oggi sono parte integrante del nostro modo di fruire della musica. Quindi la nostra idea è semplicemente frutto dell’esperienza sul campo. Penso non possa cambiare insomma.
 Quali sono stati i vostri ascolti fondamentali, quelli che hanno inciso di più sul vostro modo di concepire la musica?
Ognuno di noi ha avuto la possibilità di farsi il proprio gusto, musicalmente parlando, e talvolta  è diametralmente opposto. Il risultato sta nell’intersezione di tre insiemi differenti che hanno dei punti in comune, ma che comunque si influenzano l’uno con l’altro. Sicuramente in comune abbiamo un gusto del sound che è influenzato costantemente da ciò che ci circonda, e non stiamo parlando di musica, ma di ambienti, persone, lavoro, ma anche momenti di solitudine e riflessione. Anche se la domanda era semplice forse non abbiamo risposto…
All’interno dell’attuale panorama italiano dove vorreste essere “collocati”?
L’essere collocati in un panorama può dimostrarsi vincente quando si parla di mode, momenti di voga, il sound del momento. Ma, per conto nostro, risulta altrettanto riduttivo, vincolando l’ascolto ad un concetto esterno alla band, lasciando meno spazio alla libertà di trarre gusto da quello che si sente. Siamo abbastanza distanti dall’idea di appartenere ad una cerchia di musicisti che fanno un certo genere. Nel bene e nel male, è seriamente difficile collocarci, e sicuramente non lo faremo noi di nostra iniziativa.
Ho letto che siete molto impegnati nel sociale sostenendo numerose iniziative benefiche: approfittate di questa intervista per parlarci dei progetti i cui siete coinvolti!
Siamo testimonial ADMO ed approfittiamo del palco per sensibilizzare sull’argomento. Tutti e tre siamo tipizzati e quindi a disposizione di chi avrà bisogno di un trapianto. Jacopo, il nostro bassista, è già stato utile alla causa diventando donatore effettivo qualche anno fa. Da qualche anno collaboriamo con Rezophnic, un collettivo di rocker italiani  che fa concerti per ricavare fondi per la realizzazione di pozzi d’acqua in Africa: possiamo raccontare con orgoglio che in Kenya c’è un pozzo che porta il nostro nome.
Vi vedremo in giro per l’Italia “sulla cresta dell’ombra”?
Sì, la tournée è ricca di eventi, ci sarà da divertirsi. Dal nostro sito www.tbsod.com si possono vedere  nello specifico gli eventi con tutte le info ed i vari social. La prima data (il 29 gennaio 2016) A Padova è stata anche un’occasione per festeggiare il nostro 500esimo concerto assieme.
 
 
A cura di Laura De Angelis
 
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