Gli Zivago tornano a far parlare di sé con Lo Specchio, il loro secondo lavoro. Ci hanno raccontato la loro storia e il loro punto di vista sull’attuale mondo musicale italiano. Buona lettura!
 
Lo Specchio è il vostro ultimo lavoro: cosa raccontano le tracce che lo compongono?
Le varie tracce de “Lo Specchio” narrano ognuna delle storie di personaggi che rappresentano metaforicamente le mille facce di una personalità, anche quelle parti più recondite che spesso ci ostiniamo a nascondere, che non vogliamo vedere e che a volte ci sopraffanno ed emergono con prepotenza dal nostro inconscio in modo incontrollato. Lo specchio come metafora di qualcosa che ci rappresenti ciò, che vada oltre l’apparenza esibita, oltre il ruolo che socialmente rappresentiamo e che finisce prima o poi per accecarci rispetto a ciò che siamo veramente, senza filtri.
Quando nascono gli Zivago?
Gli Zivago ri-nascono nel 2011, nel senso che già anni addietro si era costituito un embrione di questo progetto, che era poi stato temporaneamente lasciato nel cassetto. Nel 2011 io (Lorenzo Parisini) e Andrea Zonescuti abbiamo pensato di riprendere in mano il progetto e la cosa è poi sfociata nella registrazione del primo ep, “Franco”, nel 2013.
Le vostre sonorità  subiscono il fascino della scena folk rock, di quella indie/new wave anni ’80 e ’90 e della tradizione melodica cantautorale italiana: quali sono i vostri riferimenti principali?
Per quanto riguarda i miei riferimenti italiani, penso che Battisti sia stato sicuramente influente nel mio modo di scrivere e intendere il songwriting in italiano, poi mi piacciono tantissimo Battiato e Dalla, non so poi se e quanto mi abbiano influenzato. Per quanto riguarda il folk rock Usa si va dai Neil Young fino ai più recenti Wilco o Sparklehorse, passando per tante band indie americane , inglesi ed europee in generale, come ad esempio Flaming Lips, Deus, Radiohead, Stereolab, ma anche i vecchi Cure e Pink Floyd..e come dimenticare i Beatles ! Vabbè mi fermo qui.
Rispetto al vostro primo EP, Franco, uscito nel 2013, cosa è cambiato oggi e cosa è rimasto uguale nel vostro modo di fare musica?
È cambiato che forse abbiamo messo più a fuoco il progetto e quello che intendevamo fare con “Lo Specchio”. Diciamo che “Franco” è stato un po’ un esperimento in cui ancora stavamo cercando di inquadrare il nostro sound…ora forse ci siamo riusciti un po’ di più. È rimasta uguale la nostra attitudine nello scrivere canzoni e quel qualcosa che spero si riconosca e ci possa rendere un po’ personali e non derivativi, nonostante le molte influenze.
Che idea avete della scena musicale italiana del momento?
Mi sembra molto ricca a livello di proposte, ma purtroppo povera a livello ricettivo. Penso che paradossalmente il sistema abbia finito per imporre quasi lo stesso tipo di logiche che si impongono nel mainstream anche nel mondo indie. È come se tutto fosse stato messo in un unico calderone, cosa che può aiutare sì le band indie a farsi conoscere, ma in realtà nasconde molte insidie.
Un’ultima curiosità: il nome scelto per la vostra band è un omaggio al romanzo di Boris Pasternak o c’è dell’altro?
Sì è un omaggio al romanzo ma in realtà non c’è un vero e proprio nesso. Ci sembrava che fosse un nome “romantico” adatto a rappresentare la nostra musica.
 
A cura di Laura De Angelis
 
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