Attenzione: per poter capire al meglio cosa stai per leggere, ti consiglio di ascoltare durante la lettura Time has changed, di Federico Albanese. La trovi su Spotify, credo anche su Youtube. Mi ringrazierai.

Tempo fa (periodo Scuola Media), quando iniziai questo nuovo percorso paurosissimo di istruzione (perché parliamoci chiaro, la Scuola Media è la più brutta fra tutte e 3 le scuole dell’obbligo), cominciai a conoscere uno strumento musicale che, se analizzato e utilizzato bene, può diventare il tuo personale oratore in situazioni in cui la tua voce non basta.
Non voglio dire che gli altri strumenti non facciano lo stesso, ma parlo di lui perché è il mio preferito.
Il pianoforte.
Le melodie create con il pianoforte sono uno dei tanti esempi (tanti quanti sono gli strumenti musicali) in cui si capisce che la musica, quella vera, può essere anche fatta con due mani e nulla più.
Ho fatto questo preambolo perché la notizia che Federico Albanese sarebbe arrivato di lì a poco al Quirinetta mi ha riempito di gioia, visto che lui ha capito cosa significa suonare.
Milanese di nascita ma berlinese di adozione, Federico è un pianista eccelso, bravissimo a creare una musica molto raffinata col solo utilizzo di un pianoforte, un Ipad e una console per effetti (perdonatemi l’ignoranza, ma non conosco il nome preciso della consolle).
All’arrivo al Quirinetta, e al conseguente ingresso di Federico, l’ambiente del teatro si è, per dire, “spostato” dal caos quotidiano di Roma, specialmente della zona in cui il teatro-caffè si trova (Via del Corso).
In tour con il suo nuovo album “The Blue Hour“, Federico è un uomo di poche parole, poche ma giuste: dopo aver suonato le prime due tracce, ci ringrazia per essere venuti e annuncia che “Roma mi ha distrutto. Sono arrivato stamattina e ho girato ininterrottamente con la macchina per le vie della città. Capirete meglio di me cosa significa guidare in pieno centro. Vi dico questo perchè in realtà non sono in ottima forma, per cui spero di riuscire a fare una bella figura”.
Inutile dire che è stato eccelso.
Il pubblico attorno a me ne è rimasto estasiato, e anche io mi sono unito a loro. La maniera elegante di spostarsi fra i tasti del pianoforte, girando nel frattempo le manopole per la distorsione e anche utilizzando gli effetti inclusi nell’ Ipad, fa di Federico Albanese un grande artista.
Consiglierei, a chiunque può, di andare ad ascoltarlo, specialmente adesso che è qui in Italia. Lui fa concerti in tutta Europa, rimarrà in Italia per un po’, ma non per molto.
Ah, dimenticavo: uno dei miei più grandi rimpianti è stato smettere di imparare a suonare, ma adesso che mi è tornata la voglia dovrei andare a riprendere quel pianoforte, che io stesso ho posato nella cantina di casa mia.
Marco De Benedictis
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