I romani The Falls sono recentemente usciti con il loro primo album, Mind the Gap per Agoge Records. Il disco rappresenta un tributo agli ultimi 50 anni di musica made in UK, con il tentativo di tracciare un collegamento tra le diverse influenze e con l’obiettivo di riversare il tutto in un sound nuovo e personale. Abbiamo chiacchierato di questo e altro nell’intervista che segue.
È uscito il vostro primo album, Mind the Gap. I riferimenti alla scena musicale inglese, a partire dal titolo dell’album, dalla copertina e ovviamente fino alla musica, sono parecchi. Da dove nasce la volontà di ricalcare il sound inglese in maniera così organica?
Il progetto si è posto, di fatto, da subito l’obiettivo di essere assolutamente ed indiscutibilmente “brit-oriented”. Questo per via delle esperienze e delle passioni artistiche di Riccardo e Francesco ma anche per il desiderio di sviluppare un concept molto concentrato sulla melodia, con linee vocali e parti strumentali alla portata di ogni ascoltatore. La musica made in UK negli ultimi 4-5 decenni ha saputo caratterizzarsi in tal senso ed il risultato che speriamo di aver raggiunto con questo lavoro è un piacevole mix di stili che traguardano differenti periodi della tradizione musicale britannica.
A tal proposito, la musica pop-rock inglese ha saputo rinnovarsi notevolmente nel corso dei decenni rappresentando sempre una novità (basti pensare al beat, al prog, alla new wave, al punk). Quali sono i vostri musicisti inglesi preferiti?
Ce ne sono moltissimi, ma restringendo la cerchia a quelli che hanno effettivamente influenzato i The Falls, almeno per quanto riguarda l’album Mind The Gap, dovremmo certamente citare i Beatles (George Harrison in particolare), Freddie Mercury ed i Queen, Joy Division, The Cure, David Bowie, The Smiths, Blur, Franz Ferdinand, Kasabian.
Ho letto che è stato prima composto l’album e poi completata la formazione della band. Qual è la storia dei The Falls?
Il progetto ha preso forma durante sessioni fine settimanali di brainstorming compositivo nelle quali Riccardo e Francesco elaboravano idee per trasformarle in brani musicali. Questa attività si è protratta per alcuni mesi (per la precisione tra ottobre 2014 e febbraio 2015). Il risultato del lavoro svolto (10 brani arrangiati e registrati in versione demo) è stato poi sottoposto all’attenzione della Agoge Records, etichetta indipendente che ha sposato il progetto e deciso di investire su di esso. Solo a quel punto si è reso indispensabile completare la formazione che sarebbe, da lì a pochi mesi, entrata in studio per registrare l’album e che, successivamente, si sarebbe esibita live.
Mettendo da parte per un attimo le influenze di Mind the Gap, quali sono gli elementi di novità che pensate di aver introdotto nell’album che attualizzano il sound inglese e dai quali ripartire per una prossima evoluzione?
Probabilmente la principale caratteristica di questo album è quella di superare i confini del tempo e di far convivere molti elementi che certamente già appartengono alla tradizione musicale UK, ma che sono relativi a periodi storici anche molto distanti tra loro. Poi, ovviamente, ogni brano ha una storia a sé e gli arrangiamenti ne seguono la logica, privilegiando ora la componente armonica, l’uso del piano o dei synth, ora i campionatori lì dove il sound lo richiede, o ancora, in alcuni brani più rock, l’uso prevalente delle chitarre distorte. Guardando al futuro, possiamo dire che al momento ci sentiamo particolarmente a nostro agio in quest’ultima dimensione, per cui è probabile che il prossimo album possa lasciare più spazio alle chitarre e riservare a piano e synth un ruolo più marginale.
Il vostro pezzo Let The Music Be Your Savior pone all’attenzione un tema importante e condiviso dalla maggior parte dei musicisti: la musica come punto fermo della vita in cui tutte le altre cose hanno un’andatura altalenante. C’è qualcosa in particolare che vi ha spinto a scrivere questo brano?
È, in effetti, uno dei brani più rappresentativi dell’intero album, soprattutto per quanto riguarda i testi. È una sorta di inno alla musica, che ci permette di riappropriarci delle nostre sorti e delle nostre vite, indipendentemente dalle esperienze negative che si attraversano quali, per citare parte del testo della canzone, la solitudine, le bugie alle quali si è creduto incondizionatamente, i sacrifici fatti per chi non li ha in definitiva mai meritati, l’esperienza del fallimento di una relazione e altro. Tutti macigni che possono schiacciarci ma che, con la giusta colonna sonora e la medicina del tempo, possono portarci a essere più forti ed arricchire il nostro bagaglio emozionale.
Qual è il rapporto dei The Falls con la musica live? C’è in progetto un tour per portare Mind the Gap in giro per l’Italia?
Per ora abbiamo un paio di date fissate in Italia e, a breve, ci dovrebbero confermare qualche data in UK. Un vero e proprio tour nazionale, invece, non è ancora in programma, ma sicuramente rientra negli step che a breve verranno compiuti, sulla scia del riscontro mediatico che l’album sta avendo e continuerà (ci auguriamo) ad avere.
Articolo di Giuseppe Tancredi
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