I Fast Animals and Slow Kids avevano promesso che sarebbe stato un Grand Final di 7 date in ognuna delle quali avrebbero tirato giù il locale e, a giudicare da come sono andate i primi concerti, stavano mantenendo le promesse. Ma qui ad Urbanweek se non vediamo non crediamo, per cui abbiamo voluto vedere e vivere una delle 7 date dell’ultimo tour della band perugina: il 23 gennaio siamo stati al Monk di Roma.
Già alle 20, quando siamo arrivati al locale per l’intervista pre-concerto, erano molti i fan che aspettavano l’apertura del botteghino per ritirare i propri biglietti; man mano che si avvicinava l’inizio del live, il cortile del Monk si affollava di fan che si raccoglievano intorno ai funghi accesi per riscaldare l’aria.
Ad aprire la serata i romani Sadside Project che con il loro folk energico sono riusciti nell’arduo compito di scaldare una platea che scalpitava nell’attesa di pogare con i FASK.
La band romana convince con i suoi suoni squisitamente folk, con banjo, violino e mandolino elettrico che prendono l’ascoltatore e lo trascinano saltellando sui prati irlandesi innaffiati da fiumi di birra scura.
Dopo un cambio palco che spazientisce gli ascoltatori più impazienti, sul palco si materializzano i FASK e Nicola Manzan (Bologna Violenta), che li accompagna al violino e alle chitarre in questo ultimo tour.
Il concerto inizia con la frase che è ormai diventata un marchio di fabbrica del gruppo: “Ciao a tutti, noi siamo i Fast Animals and Slow Kids e veniamo da Perugia” e queste sono praticamente le uniche parole che abbiamo sentito: il gruppo inizia a suonare 14 canzoni una dopo l’altra ininterrottamente, mischiando brani da Alaska e da Hybris (grande assente, nel pensiero di chi scrive, Lei da Cavalli), con Aimone che salta, si lancia sulla folla, suona le percussioni con tutta la forza che ha, abbraccia i componenti del gruppo e il fonico di palco e canta e urla e, insieme alla band ed a Nicola regala al pubblico uno show lungo un’ora e mezzo in cui non ci sono mai momenti bassi.
Il pubblico, dal canto suo, si accalca, si spintona, si lancia, regge Aimone che si butta sui fan, regge Betani Mapunzo (sì, proprio quello dei The Pills) che cavalca la folla verso la fine del concerto e poi ancora canta, strilla, sostiene ed ama visceralmente questa band che ha alle spalle 7 anni di musica e 5 anni ininterrotti di palchi; alla quinta canzone (ed eravamo già al secondo crowd surfing per Aimone) decidiamo di abbandonare la seconda fila ed il pogo per conquistare una posizione più tranquilla al lato del palco.
Unica nota dolente della serata è stata l’acustica del Monk che ha retto bene il folk dei Sadside project, ma che non ce l’ha fatta a rendere il concerto dei FASK perfetto: la voce rimaneva confusa tra gli strumenti, a tratti scomparendo del tutto; per ascoltare bene il concerto bisognava spostarsi in fondo alla sala, accanto al mixer.
I Fast Animals and Slow Kids dopo il 6 Febbraio (l’ultima data del tour all’Alcatraz di Milano) ci mancheranno, ci mancherà urlare con loro che non abbiamo paura del mare davanti, né di chi ci prende a calci in faccia, ci mancherà quel groviglio di corpi di fratelli e sorelle che si accalca sottopalco e suda e si sostiene insieme e, soprattutto, non vediamo l’ora di ascoltare di nuovo quel boato che segue “NOI SIAMO I FAST ANIMALS AND SLOW KIDS E VENIAMO DA PERUGIA!”.
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