Vi presento i Clamat, gruppo bolognese, che ha pubblicato un album pieno di ricordi e souvenir di viaggi. Ho intervistato Michele Giuliani, leader della band, che vi racconterà qualche curiosità sul nome del gruppo, sulla scelta del titolo dell’album e sul loro tour che partirà alla fine di aprile.
Come vi presentereste ai lettori di Urbanweek?
Cin 🙂 o Prosit se preferite.
Comincio col domandarvi come mai avete scelto di chiamarvi “Clamat”.
La parola “Clamat” è una “definizione” venuta fuori per la prima volta almeno 13 anni fa al tavolo di un bar in Via Mascarella a Bologna, ad identificare un’attitudine nel produrre arte e quindi anche musica, un progetto epico di cui oggi rimangono pochissime testimonianze e ricordi annebbiati.
Erano gli anni di Maver e Kipper, dove si passavano ore a parlare di band appena nate, tipo i Grande Vecchio o i Friest Babbuies, e sopratutto di cosa avremmo prodotto noi che non avevamo un nome, perchè ad ogni incontro ne saltava fuori uno più identificativo o per altre motivazioni … non era neanche chiaro se volessimo suonare o meno. Il focus non era suonare dal vivo, produrre per vendere, esibirsi in una qualsiasi forma, ma semplicemente essere e promuovere il verbo Clamat.  Maver e Kipper erano Clamat, i Babbuies erano Clamat, gli anni e l’inerzia del caso hanno deciso che io (Michele), Alessandro, Zimmy e tutta una serie di persone (che non elenco per motivi di spazio) che non hanno suonato nelle nostre registrazioni,  ma che comunque fanno parte concretamente del nostro gruppo, diventassimo di fatto i Clamat.
Quali sono gli artisti che hanno influenzato il vostro percorso musicale?
Captain Beefheart, gli Stones, Blissett, Maver, Kipper, il Garage Psichedelico di fine anni 60, la parentesi No Wave e No Disco o Mutant Disco nata a New York nei primi 80′ e ovviamente gli anni 90 in tutto e per tutto, in quanto colonna sonora della nostra adolescenza, anni in cui ci siamo formati musicalmente.
Ci parlate del vostro album, “The Clamat Collection of Wonders”?
La “Collection of Wonders“ o in tedesco “KunstKammer” era ai tempi del Rinascimento una grande stanza all’interno della proprietà dell’aristocratico viaggiatore di turno o, nei casi di figure meno abbienti, una semplice vetrina dedicata alla collezione di oggetti esotici, tipo spezie, erbe medicali, libri in lingue sconosciute, scheletri di animali, statue e stranezze varie. Agli occhi di un estraneo l’insieme di questi oggetti risultava essere una sorta di “Wonderland”, una  dimensione parallela dove perdersi per ore contemplandone i dettagli e immaginando storie fantastiche. Affascinati da queste stanze delle meraviglie, che per dovere di cronaca abbiamo scoperto per la prima volta in un museo ad Amburgo,  abbiamo deciso di frugare dentro ai nostri cassetti e di costruirne una nostra versione“musicale”.
Lo presentate come una raccolta di souvenir raccolti durante il primo viaggio della band. Ci dite di più al riguardo?
Il viaggio descrive metaforicamente gli anni trascorsi assieme tra Bologna e i posti più disparati. I brani raccontano aneddoti e personaggi incontrati durante 13 anni, musicati utilizzando riff e melodie che da tempo stavano chiuse in un baule chiedendo di essere assemblate. L’immagine della “KunstKammer” di Amburgo ha dato il classico LA, ci siamo incontrati per 2 volte tra Marzo 2015 e Luglio 2015 e in un totale di 6 giorni tra sala e studio abbiamo allestito la nostra collezione, creando un collage istintivo tra testi e arrangiamenti brano per brano, passando da un genere all’altro come un dito sul mappamondo. 
Dove potremo ascoltarvi? Avete in mente un tour?
Stiamo preparando un mini tour per fine Aprile, appena saremo pronti pubblicheremo le date. Potete seguirci sul nostro profilo facebook: https://www.facebook.com/ClamatTheBand
Intervista a cura di Egle Taccia
ph Emiliano Facchinelli
https://clamat.bandcamp.com/album/the-clamat-collection-of-wonders-ep
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