Stelle Fisse, uscito lo scorso novembre, è la nuova fatica discografica degli Aucan, trio bresciano che è stato in grado di cambiare pelle più volte nel corso del tempo, ignorando i confini tra generi e le logiche ingessate del mercato musicale. Partiti da un setup tradizionale, fatto di batteria, basso e chitarra, il loro approccio alla musica è stato caratterizzato inizialmente da influenze math-rock e post-hardcore, sonorità di cui la superband Battles, negli ultimi 10 anni, si è affermata come principale esponente. Il loro percorso, in seguito, è segnato da una progressiva apertura verso campionatori e sintetizzatori che li ha condotti a Stelle Fisse, dopo alcune tappe non sempre particolarmente ispirate. Il terzo album in studio rappresenta un approdo deciso e sicuro verso un’elettronica che sembra ormai brillare, o quasi, di luce propria.
Significativo, in tal senso, è stato il passaggio degli Aucan all’etichetta londinese di musica elettronica Kowloon Records del producer florestano, fattore determinante se consideriamo la paternità inglese di gran parte degli elementi presenti in Stelle Fisse, cosa evidente fin dai primi suoni che possiamo ascoltare dopo aver messo l’album in riproduzione. Disgelo, con il suo incedere lento e inesorabile, è infatti un campionario di quasi tutte le tendenze cui l’album fa riferimento: la voce filtrata e i synth distorti malinconici disegnano un paesaggio sonoro urbano, industriale, già molto caro a Burial, personaggio tanto misterioso quanto ormai autorevole della scena elettronica (soprattutto dubstep e dintorni) di Londra. Friends sembra portare aria nuova con un incipit che porta il marchio Moderat, ma poi prosegue inesorabilmente verso le atmosfere del brano precedente, mentre nel successivo Errors appare, sotto forma di coinvolgente e glamour riff, EDM, forse l’ultima eredità di EP 1 (2014), infelice esperimento in cui i bresciani, sotto l’etichetta Ultra Records, si travestirono da veri e propri DJs con le cuffie attorno al collo. Loop layers e Light Sequence, entrambi intermezzi fra i brani “lunghi” del disco, svelano invece la volontà di utilizzare il meno possibile computer e altre macchine digitali, mettendo in risalto la componente analogica e hardware del metodo di produzione degli Aucan che, per loro ammissione, è base fondamentale del proprio approccio. Basti pensare alla serie di concerti della scorsa estate presentati dal trio come un 100% hardware live. Nelle restanti Disto, Above your head e Grime 3 gli Aucan si destreggiano nei tempi più tipici dell’elettronica (2-step e techno in particolare) lasciando sempre un posto in evidenza per la voce filtrata, forse esagerando nel dosaggio, considerato che questa non rappresenta esattamente un’innovazione nel tanto discusso mondo della music production, in cui una novità diventa moda in poco tempo. Inoltre lo scenario descritto in Stelle Fisse, che si suole definire post-apocalittico, ben rivelato dal topos della distopia futuristica che vede le macchine prendere il sopravvento sull’umanità, rischia qui di diventare pura compilazione e di scadere nel manierismo invece di assecondare un’ispirazione. Il risultato è in ogni caso almeno sufficiente, poiché si colloca in un territorio club music ancora poco popolato in Italia, a meno che non si scenda giù nelle profondità labirintiche dell’underground. È bene considerare Stelle Fisse un album di transizione ed ulteriore tappa del percorso, seppur controverso e ai limiti dell’ambiguità, che porterà per certo gli Aucan ad un’identità ben più precisa e definita.
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