E’ tornata Cassandra Raffaele. E’ tornata più in forma che mai. L’ultimo disco, Chagall, uscito quest’autunno, risente di questa grande ispirazione dell’artista vittoriese, dove suoni elettronici, elettrici e acustici si fondono generando un ambiente colorato, ritmicamente dinamico e “semplicemente” complesso.
La sensazione, al di là di ogni discorso su quanto siano belle le canzoni di questo album e quanto sia eccezionale la voce di Cassandra, è che l’ex pupilla di Elio abbia raggiunto un livello di consapevolezza invidiabile. E credo proprio sia questa la forza di Chagall.
Altra considerazione, più marginale rispetto alla precedente, è il fatto che la “cantora” sia diventata a tutti gli effetti un membro imprescindibile dell’universo indie italiano, strizzando l’occhio ad artisti più emergenti come Maria Antonietta (“Cane che abbaia non morde”) o a veterani del nuovo cantautorato indipendente come Dario Brunori, con cui duetta nel pezzo forse più elettronico “La sirena e il marinaio”, costruendo però, allo stesso tempo, una chiara e perfettamente identificabile cifra stilistica.
La freschezza con cui Cassandra si approccia alla musica si sente proprio nel primo singolo, “Cane che abbaia morde”, in cui forse si ritrovano i temi portanti di tutto l’album, che sono comuni alla “poetica” di Chagall: domande senza risposta, frasi fatte e lati oscuri sbattuti sotto la luce, senza un motivo particolare.
La ricerca interiore sta alla base de “Il filo”, che viene arricchito dal duetto con Nico & the Red Shoes e da un tessuto sonoro a tratti psichedelico, con riff di elettrica fine ’70 sovrapposti a strings e synth.
A proposito di collaborazioni, “Meditazione” vede la presenza del suo “coach” Elio, che interviene qua e là con grande intelligenza. La canzone porta con sé un enorme carico di ironia, in cui per provare a risolvere i problemi di tutti i giorni ci si rivolge al guru, che, ad un tratto, stufo della sua stessa pesantezza intellettuale tuona: “non rompere i coglioni e portami al centro commerciale”.
“A (t) tratti” fa un balzo negli anni ’70, con chitarre elettriche e batterie in grande rilievo e un suono accusatorio tipico dei Clash.
“Valentina” spicca se non altro per l’interpretazione vocale di Cassandra Raffaele, in cui affiora una tensione emotiva che descrive al meglio l’amore cupo e sofferente: “mi hai rubato il buono, il peggio e l’indicibile” e ancora “Un fiore non può crescer con la sete. E nemmeno il mio dolore adesso può mentire”.
Emotività che sale alle stelle con “Chiedimi”, il pezzo più delicato dell’album, con il pianoforte che aspetta ed indica la strada alla vocalità dell’artista di Vittoria.
Magari “Senza farsi male” non sarà all’altezza degli altri brani, ma bisogna riconoscere che entra subito al primo ascolto.
Il disco si chiude con “I fiori di Battisti”, pieno di citazioni di canzoni del cantautore romano, quasi come un rimedio proposto da Cassandra per superare le difficoltà delle vita.
L’intro del brano è affidato ad un elettronica ben precisa, quasi a voler chiudere il discorso cominciato proprio con la prima canzone dell’album, appunto quella “Chagall” che dichiara precisamente la direzione di tutto il lavoro di Cassandra Raffaele, le intenzioni che si celano (non troppo) nelle canzoni.
Complessivamente “Chagall” è un ottimo album, fra i migliori ascoltati dal sottoscritto nell’ultimo anno, pieno di suoni e colori spesso diversi fra loro, senza però perdere la strada principale, il filo conduttore.
La “cantora” è ormai (secondo me) uno degli artisti di punta della scena indipendente italiana, che riesce a coniugare la cifra cantautoriale con arrangiamenti fuori dagli schemi che spaziano dall’elettro – pop al punk – rock. La voce incantevole ed eclettica di Cassandra Raffaele fa tutto il resto.
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