Il Teatro Quirinetta ormai da un po’ di tempo propone eventi e concerti che soddisfano la richiesta di un target di riferimento molto più ampio rispetto ad altre location: si passa dal jazz, ai concerti di cantautori sulla cresta dell’onda (vedi Levante) e ai meravigliosi mercati vintage mensili (a cui consiglio di andare, trovate cose molto interessanti). Poi arriva il “concerto che non ti aspetti” sotto forma di un cantante di cui non senti il nome da anni (o almeno così mi è sembrato): il cantante in questione è Bugo, e sabato 21 sono andato ad ascoltarlo.
Bugo è uno di quei cantanti che “si deve far piacere”; su di lui, su ciò che compone e canta, aleggia una grande soggettività che colpisce chi lo ascolta, portando l’ascoltatore a un bivio: o lo adori alla follia, o non ti piace affatto. Sarà per il suo genere (una musica disillusa che ricorda gli anni 2000), sarà per la sua voce molto potente, ma parlando con amici e conoscenti mi sono sempre capitati questi 2 pareri discordanti su Bugo.
Non avendolo mai ascoltato dal vivo, decido di dargli una possibilità.
Lui si presenta sul palco con circa un’ora e mezzo di ritardo rispetto all’orario previsto, vestito con una giacca dorata che nemmeno Re Mida, scuote il pubblico (che appena lo ha visto ha cominciato a fare i cori, a urlare e applaudire, quasi quasi senza neanche dargli la possibilità di iniziare, erano felici!) con una delle tracce più recenti, proveniente dal suo ultimo Ep dallo stesso nome, “Arrivano i nostri”. Il genere è molto elettropop e il ritmo che produce non ti fa stare fermo: almeno un piede lo devi battere a tempo. Durante tutto il concerto ripropone sue hit storiche tra cui “Io mi rompo i Coglioni”, “Love Boat”, “Cosa ne pensi Sergio?” e “C’è crisi”, e tra una pausa e l’altra ha sempre voglia di parlare col pubblico, lo fa cantare, lo fa ridere e lo fa riflettere . Durante “Love Boat”, ad esempio, ha cercato un modo di spiegare come potesse arrivare la nave qui a Roma, visto che, dopotutto, il porto più vicino è quello di Ostia.
Dopo un preambolo più che giusto, in cui spiega che dopo 15 anni di cantautorato la scelta delle canzoni che possono essere perfette in acustico “è sempre un dramma”, con l’accompagnamento del synth e della sua voce, propone le ballad “Comunque io voglio te” e “Spermatozoi”.
Bugo è un animale da palcoscenico, e i suoi 15 anni di esperienza lo dimostrano: il pubblico lo ama e lo idolatra, ma lui non si monta la testa, anzi, ricambia il gesto.
È stato uno show di grande qualità, con l’eccezione che la “star” della serata non si eleva a Dio e, invece,  confeziona uno show interattivo.
Un plauso particolare va al gruppo che lo ha accompagnato, poliedrici e instancabili, molto bravi!
Marco De Benedictis
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