Era fine agosto quando, “Ai Pini” di Nicolosi (CT), ho avuto il piacere di essere ospite del concerto di Dellera. Un concerto speciale, in quanto eseguito in duo, insieme all’insostituibile Lino Gitto. Rimasi affascinata, visto che chiudendo gli occhi, era impossibile pensare che non ci fosse una band al completo sul palco. Lino Gitto infatti era in veste di polistrumentista alle tastiere e alle percussioni.
Stare bene è pericoloso, si è da subito imposto come album elegante e raffinato. Questo non dev’essere sfuggito alla giuria del premio Tenco, che qualche giorno fa lo aveva inserito tra le candidature valide per il miglior album.
Ti aspettavi la candidatura al Tenco?
A dire la verità, come per il disco precedente (che è arrivato nella cinquina dei finalisti), mi ha colto di sorpresa, perché non ci stavo pensando proprio.
Questo premio è da qualche anno al centro di numerose polemiche. Tu cosa ne pensi?
Ho tante cose belle e non a cui pensare, che non ho mai avuto tempo e testa per entrare in quel tipo di considerazioni e dinamiche non palpabili per me e sinceramente non al centro delle reali problematiche della musica nel nostro Paese.
Qual è l’aspetto della figura di Luigi Tenco, che il premio dovrebbe valorizzare?
Tenco era un vero underdog, con uno spirito ed una vulnerabilità non nascosta che lo faceva interagire con il music business in un modo scomodo soprattutto per se stesso. Nel mantenere un certo modo di essere integerrimo e ribelle, rappresentava per me qualcosa che ha veramente a che fare con la musica popolare e rock ‘n roll in genere e che se si spegne va a rientrare in un’altra categoria di espressione, perdendo tutta la sua forza. Il Premio Tenco non dovrebbe mai allontanarsi da quello spirito.
Ho visto che sarai presente ad un’altra grande manifestazione, il MEI di Faenza, simbolo da anni della musica indipendente. Oggi si può davvero parlare di una scena indie in Italia?
Certo, se ne può parlare! Le scene musicali ci sono e ci saranno sempre, le loro dimensioni sono termometro di quanto impatto abbia sul Paese, sulla gente, sul pensiero comune. Certo, ci sono state nicchie che nel tempo hanno lasciato semi fruttuosi in giro per il loro futuro, ma se c’è una scena indie non mi sembra abbia connotazione rivoluzionaria, e quello rimane lo spirito di una scena musicale attiva.
Rivoluzionario non solo nell’idea di lotta politica o scossa sociale, ma in tutte le sue accezioni. Per cui si, certo, c’è una comunità di persone che si piacciono e collaborano e vivono questa vita insieme. Io ne ho una molto bella, rigogliosa, disperata, positiva e fruttuosa. Ma un posto a Milano dove vedo scorrere energia, insubordinazione, magia e forza non lo vedo; i luoghi fisici che caratterizzano una scena non li vedo. O forse non mi invitano (ahahaha…)
Andando nello specifico, c’è posto per la canzone d’autore nell’era della canzone come prodotto preconfezionato?
Mi sembra che ci sia posto come sempre e con le aspettative dovute. Per me è una continua battaglia per capire se posso investigare degli immaginari e vedere che succede, così come nel giorno per giorno dei miei giorni è un tutt’uno ovviamente.
Cosa significa andare controcorrente oggi, in un periodo dove tutto è consentito e tutto è permesso?
Non mi sembra che tutto sia consentito e permesso, è un’apparenza. C’era forse meno censura e più mano libera trent’anni fa, in un certo senso, anche il sistema non era ancora così frivolo e controllato come lo è adesso. La Rete è un certo tipo di libertà, ma sicuramente non quella dall’ ansia e della sicurezza emotiva come donna o uomo.
Quali saranno le prossime tappe del tuo tour?
Faccio qualche data spot dove credo abbia un senso e dopo le registrazioni del nostro nuovo disco come Afterhours a dicembre mi rimetto in strada.
Enjoy Sammy Davis & electronic music!
Ciao!
Egle Taccia
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