I Negrita sono tornati. E non è solo un modo per dire che hanno pubblicato il loro nono album.
Sono tornati, musicalmente parlando, alle loro sonorità rock che tanto li hanno contraddistinti.
Ma c’è anche un altro ritorno in questo disco: quello del rock dalla fine degli anni settanta agli anni novanta, probabilmente proprio la musica che li ha ispirati quasi venticinque anni fa a formare una band.
Infatti 9, il nuovo album uscito ad aprile, porta con sé quell’atmosfera puramente rock che negli ultimi dischi i Negrita avevano un po’ messo da parte, perché concentrati sui loro viaggi e sui rispettivi suoni che hanno deciso di  esplorare.
9 quindi, abbandona le chitarre acustiche e le percussioni di “Rotolando verso sud” per buttarsi sulle elettriche e il crudo pianoforte che accompagnano “Il Gioco”, primo singolo estratto dell’album scritto da Pau insieme a Il Cile.
“Poser” chiarisce proprio le intenzioni del disco: no al culto dell’immagine!: “Vi saluto di cuore numerini sul web / la mia scuola è più vecchia /sia del pop che del rap / dal vinile rigato fino all’MP3 / solo vita vissuta e niente talent per fake… non cerco fama in Tv / non sono un poser / non voglio sempre di più/ I am a loser”.
“Il nostro tempo è adesso” parla della crisi che stiamo vivendo, dei figli che patiscono la povertà, che hanno smarrito la strada.
“L’uomo ha sempre sete e sempre sete avrà” è la frase che Pau ha letto in un murale dello Yucatan ed ha ispirato “Mondo politico”, brano in odore di impegno sociale.
Se “Que serà serà” è un piccolo accenno al recente passato latino della band aretina, anche se in una veste vistosamente blues-rock, con “1989” invece i Negrita rivivono la loro giovinezza, la loro “incoscienza dell’età”, riportando a galla le sensazioni e le immagini di quell’anno che da Piazza Tien am men alla caduta del Muro di Berlino, segnò in modo indelebile la storia e le coscienze dei giovani che vissero quegli eventi.Il brano si apprezza per la fusione fra il rock americano e la new wave inglese che dominavano la scena musicale dell’epoca.
“Ritmo Umano” e “Non è colpa tua” nascono dall’esperienza di Jesus Christ Superstar, il musical che ha visto protagonisti i Negrita come “resident band”. Se il primo pezzo si caratterizza per il finale che vede una registrazione di Ted Neeley (Gesù Cristo nel musical), “Non è colpa tua”, che chiude l’album, si rifà alla frustrazione e al disappunto di Shel Shapiro, storico frontman dei The Rokes e interprete di Caifa nel musical, che dimenticava puntualmente alcune battute durante lo spettacolo.
“L’eutanasia del fine settimana” e “Vola via con me” si contraddistinguono per un gusto vagamente funky mischiato al rock e alla psichedelia.
“Baby I’m in love” accenna i primi Led Zeppelin per toni e ritmi, senza però entrare in conflitto con il resto dell’album, che resta più una “fusione di diversi rock “.
Le canzoni d’amore sono due, “Se sei l’amore”, ballata che tratta dell’amore universale e “Niente è per caso”, in cui la lontananza evidenzia tormenti e pensieri di una storia d’amore.
Piuttosto che un ritorno alle origini,mi è sembrato un contenitore di suoni amati e perduti, di sfumature ritrovate e di storie di vita quotidiana da raccontare.
Direi un pentolone di minestrone più che un piatto che non mangiavi da molto.
Un minestrone che magari stanca un po’, specie in alcune parti che sembrano avere il sapore dell’abitudine, del già assaggiato tante volte.
Ma alla fine mi chiedo: a chi non piace il minestrone? Ogni tanto fa piacere mangiarlo. Fa anche bene. Ma la prossima volta voglio prendere qualcos’altro. Qualcosa di più gustoso.
Fabrizio De Angelis
Foto di Dara Munnis
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