Ragazzi! Siete tornati dalle vacanze?

So di esservi mancata tantissimo e così per rimediare ho deciso di ricominciare questa nuova stagione del nostro amatissimo blog con una vera bomba atomica! Ho intervistato per voi il grandissimo Pierpaolo Capovilla, che mi ha raccontato tantissime curiosità sul suo progetto solista e dato molte anticipazioni sulle mille idee, per me assolutamente geniali, che gli frullano in testa di questi tempi.

One Dimensional Man, Il Teatro Degli Orrori e adesso questa nuova esperienza da solista. Cosa ha ispirato questi tre progetti così diversi, ma accomunati dal tuo genio creativo?

Io non credo ci sia alcun “genio” creativo accomunante i tre progetti. Credo invece ci sia il desiderio di descrivere, di raccontare i malesseri del mondo in cui vivo. C’è un “fil rouge” che li percorre e li attraversa: dal punto di vista narrativo i temi trattati, dall’emarginazione alla violenza sociale e domestica, dalla solitudine politica, quella che senti quando credi non ci sia più niente da fare, al riscatto e all’emancipazione.

Non parlerei di genio, ma di desiderio, di voglia di cambiare lo stato di cose in cui vivo e viviamo. Per me la musica serve a questo.

Ti hanno spesso definito come il precursore dell’attuale scena indipendente italiana; qual è la tua caratteristica che ha dato il via a questo meraviglioso mondo musicale?

Sei davvero molto, forse troppo generosa con me. Non credo di aver precorso un bel niente. Anzi! Con One Dimensional Man avevo ed avevamo la consapevolezza di importare nel nostro bel paese il suono di Chicago, quello targato Touch & Go!, per intenderci: Scratch Acid, Jesus Lizard, Rapeman e Shellac erano i nostri gruppi di riferimento: non c’è dubbio che cercavamo di suonare “quel” rock e non altro.

Con Il Teatro Degli Orrori siamo partiti dallo stesso schema stilistico e performativo, ma abbiamo gradualmente cercato di liberarci dei nostri clichè, nel tentativo di rintracciare un’identità che fosse più propria, anche esplorando territori musicali diversi e nuovi. Naturalmente il passaggio dal cantato in inglese a quello in italiano è stato cruciale. Credo si tratti di un processo di studio e apprendimento: in corso d’opera, spesso gradualmente, ma a volte all’improvviso, scopriamo insieme modalità performative nuove, almeno per noi. Credo anche che sia proprio questo “processo” la stessa cifra stilistica della band.

Con Obtorto Collo la faccenda si fa più intricata…

Com’è nata l’esigenza di un progetto solista?

Tante, troppe canzoni nel cassetto, ad ammuffire!

Arriva un momento, nella vita di un artista, in cui senti il bisogno di sbarazzarti del tuo passato, e tentare strade nuove su cui inerpicarsi. L’incontro artistico e professionale con il maestro Zennaro, con il quale ho composto gran parte del disco, è stato imprescindibile. Zennaro viene dalla coreografia contemporanea: è uno dei compositori di fiducia di Carolyn Carlson. Viene dunque da un mondo molto lontano dal rock: la sua sensibilità compositiva è caratterizzata da un approccio fortemente sintetico, “povero” se vogliamo, attraverso il quale abbiamo dato vita ad un repertorio avulso dal rock in quanto tale, e molto vicino alla canzone francese.

Il contributo di Taketo Gohara e dei ben venti splendidi musicisti che sono venuti a suonare queste canzoni è stato fondamentale. Senza di loro, questo disco non avrebbe mai visto la luce.

Ecco: Obtorto Collo è certamente il mio primo lavoro solista, ma è stato fatto, pensato ed attualizzato da un gruppo di musicisti, da un “cervello collettivo”. E vorrei dire la stessa cosa della band con cui suono questo repertorio dal vivo. Settimane di prove per riarrangiare le canzoni, senza tradirne lo spirito. Un lavoraccio faticoso, ma avvincente. Alberto Turra ha portato il suo talento chitarristico, declinandolo con un’eleganza d’altri tempi, Stefano Giust, che viene dall’avanguardia, suona la batteria come un fantasma, la sfiora, la accarezza e la percuote come nessuno in Italia. Kole Laca e Checco Lobina, rispettivamente alle tastiere e al basso, sono musicisti di grande esperienza e di notevole spessore. Infine Guglielmo Pagnozzi, al sax alto…Che arrangiatore! E quale talento!

Perdonami questa agiografia…Incomincio a lasciarmi rapire dall’entusiasmo anch’io!

Che tipo di sonorità hai legato all’album “Obtorto Collo”?

Come ti dicevo, Obtorto Collo è il frutto di un lavoro collettaneo. Scelsi Gohara alla produzione per la sua capacità di trasformare le canzoni in un qualcosa d’altro, di inedito, di nuovo. Io stesso mi sorpresi più volte nel constatare come le canzoni diventavano gradualmente tanto eleganti, complesse, “ricche” di suoni e piccoli crucialissimi dettagli. E non ti nascondo che ho dovuto lottare con Gohara, discutere a lungo, litigare anche, cordialmente, ma litigare. Ma come posso io non commuovermi all’ascolto della bellezza del tocco di Cesare Picco, che arriva all’improvviso in studio e mi regala un momento artistico così dolce, così ricercato, e tanto prezioso. Asso, il Vasi, lo stesso Pagnozzi, Rondanini e Zeno de Rossi. Che dire poi di Davide Rossi, che ha registrato gli archi a Londra, in un momento di pausa con i Coldplay… Sarò franco: io non credevo che avrei fatto un disco così!

Tra i giovani artisti indipendenti, c’è qualcuno che ti incuriosisce?

Moltissimi.

Mi affabula Brunori Sas. La sua Kurt Cobain è un gioiellino commovente e profondo. Nadar Solo sono ben più che una promessa. Daniele Celona ha una voce bellissima, emozionante. Ma soprattutto quel geniaccio di Toni Bruna, “cantautore” triestino: canta nell’idioma della sua città, non è proprio facilissimo da capire, ma il suo “Formigole” è uno dei più bei dischi usciti negli ultimi anni. Se non lo conosci, ti invito a cercare i suoi dischi, perchè sono meravigliosi, soprattutto nel versante dei testi, della poesia un po’ spericolata che Toni ha nel cuore.

Ci parli dei tuoi reading?

Ho interpretato Majakovskij, Esenin, Delfini e infine Pasolini.

Lo faccio per passione, e per “mestiere”. Sto imparando anch’io, e probabilmente mi manca una rotella in testa! Ma che soddisfazione veder piangere le vecchiette in teatro, o essere avvicinato da dei giovanissimi che mi chiedono l’autografo sul “Flauto di Vertebre”!

Ho l’impressione, a volte, di fare cose più grandi di me, di non essere fino in fondo consapevole delle conseguenze che possono scaturire dalla prassi poetica. Io arricchisco il mio mondo artistico ed affettivo; il pubblico, anche quello più giovane, si lascia affascinare dai grandi lirici del novecento. Quasi non ci credo…

Com’è l’amore nell’era dei social? Esiste ancora?

Esiste ancora l’amore? Ma certo che esiste! L’amore non muore mai, non può morire, è tutto ciò che ci resta in queste solitudini post-moderne così ben descritte dai social network. Perchè oggi siamo tutti iper-inter-connessi, ma siamo infinitamente più soli, più brutti e più ignoranti di prima. Se avessi un figlio adolescente, lo inviterei a lasciar perdere Facebook o Twitter o quello che vuoi tu. Lo inviterei ad una buona lettura, cercherei di fargli capire che il tempo, individuale e collettivo, è prezioso: non dobbiamo gettarlo alle ortiche: si vive una volta sola.

Hai in mente qualche nuovo progetto o collaborazione?

Il Teatro degli Orrori pubblicherà il suo quarto album nel 2015. Sarà una BOMBA rock mai sentita! Questo, per lo meno, è quanto vorremmo. Un disco violentissimo, radicale e genuino. Vediamo come va a finire… Nei prossimi mesi mi dedicherò all’implementazione di un reading basato sulle disavventure poetiche di Antonin Artaud, ed in particolare sulla pratica dell’elettroshock,  che Artaud subì un… centinaio di volte. Santo cielo.

Nel cassetto dei progetti c’è poi una band nuova di zecca. Saremo io al basso, Franz Valente alla batteria, Xabier Iriondo alla chitarra, e Eugene S. Robinson, il cantante degli Oxbow, alla voce. Da ridere… 

Come vedi, la voglia di fare e disfare, dalle mie parti, non manca mai!

Che bello incontrare artisti così! Ci insegnano che la vera arte non ha confini e ci fanno dimenticare di vivere in un mondo dove, ad ogni angolo, c’è il rischio dell’appiattimento totale! Aspettiamo con ansia tutti i progetti di cui il grandissimo Pierpaolo Capovilla ci ha parlato!

Arrivederci a presto, amici cari!

Egle Taccia

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