Non ho mai ascoltato assiduamente Dente, dato che per me è un cantautore che deve essere ascoltato in determinati periodi della vita con determinati sentimenti e pensieri (esempio: ti sei lasciato? Ti ascolti l’intera discografia senza giri di parole e ti riprendi in men che non si dica).
Dico questo perché ho scoperto una notizia di recente: il primo album di Dente, chiamato “Anice in bocca”, è stato ristampato solo adesso dopo 10 anni, dato che la prima tiratura ammonta a un totale di sole 300 copie.
Non è l’album più conosciuto di Dente, diciamo. Per cui dopo 10 anni di carriera la scelta di ristampare il primissimo album della sua carriera non sembra un’idea così malsana.
Come festeggiare, quindi, la “ri-uscita” del primo album? Con un tour, la cui data romana è stata presa, ovviamente, da quei geni (che non smetterò mai di amare) del Quirinetta, che non ne sta sbagliando nemmeno una.
Sembra perfino obsoleto dire che la prevendita dei biglietti è andata sold-out in un paio di giorni.
Il giorno del concerto, al mio arrivo al teatro, cerco in tutti i modi di trovare un posto a sedere, dato che gli aficionados di Dente sono arrivati più o meno 3 ore prima. Dopo essere riuscito a trovare un cubicolo della salvezza e un’attesa di meno di mezzora e inizia lo spettacolo.
Arriva lui, pallido come una mozzarella e con una capigliatura invidiabilissima; un’ovazione da stadio, un pubblico che ha aspettato tanto questo concerto, dato che la curiosità dell’ascolto e ipotetico acquisto del primo album è tanta.
Prima di iniziare il nostro caro Dente spiega la struttura dell’album uscito 10 anni fa e ironicamente dice: “nessuno si è mai accorto che esistesse anche questo album”! Inizia poi a suonare: “Anice in bocca” risulta essere un grande lavoro di cantautorato, con testi molto originali anche se scritti ormai più di 10 anni fa, con alcune tracce sperimentali e strumentali (Vedi “Senza testo”, una traccia che è stata registrata con il sottofondo di una matita che scrive un testo che non è mai stato pronunciato in nessuna canzone). C’è della storia in ogni traccia e Dente la interpreta magistralmente. Il pubblico ne è rimasto estasiato.
Una delle caratteristiche principali di Dente è la sua ironia: afferma, scherzando, di non cantare veramente, dato che secondo lui tutto ciò che stiamo ascoltando è rigorosamente in playback (“ormai cantare dal vivo non è più di moda, e ti stanchi di meno!”) e durante tutto il concerto fa la parte dell’intrattenitore: sa fare bene il suo lavoro, ma con umiltà.
Dopo aver snocciolato tutto il primo album la seconda parte del concerto viene cantata dal pubblico dall’inizio alla fine, senza esclusione di colpi: per quasi 2 ore e mezza (!) Dente si gioca tutti i suoi successi, da Invece tu a Chiusi dall’interno, da Vieni a vivere a Buon appetito. 
Un bellissimo concerto durato veramente tanto, complimenti sentitissimi!
 
Marco De Benedictis per Urbanweek
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